NAPOLI – “Mentre facevo footing sono dovuta tornare verso l’auto per fuggire il più lontano possibile. Ero insieme a un’amica, siamo ancora terrorizzate. Abbiamo sentito gli spari all’impazzata. In quei momenti era pieno di sportivi e bambini, sono scappati tutti”. Così Laura, nome di fantasia, racconta quanto accaduto venerdì pomeriggio nei pressi della villa di Ponticelli, il parco Fratelli De Filippo dove ogni giorno si recano decine di famiglie di Napoli Est, e dove ogni giorno si radunano gli appassionati di running residenti tra Ponticelli, Barra, San Giovanni a Teduccio, Volla e Cercola. Un corteo armato formato da uomini in scooter e moto ha sfilato nel tardo pomeriggio, poco prima del tramonto, esplodendo colpi di arma da fuoco in aria. Iniziative del genere, da queste parti, sono messaggi limpidi. Una stesa, l’ennesima, in un rione senza pace, in un fazzoletto di asfalto in mano ai ‘Bodo’, che sa tanto di risposta all’agguato costato la vita a Carmine D’Onofrio, il 23enne figlio illegittimo di Giuseppe De Luca Bossa e nipote del capoclan Antonio (’o sicco), ucciso sotto casa in via Luigi Crisconio alle 2 della notte tra martedì e mercoledì, travolto da una mole di piombo impressionante (almeno sette proiettili, due andati a bersaglio in petto), lui che con la camorra – ne è certa ‘radio marciapiede’ – non c’entrava nulla. E’ una guerra di posizione quella in atto a Ponticelli. Si gioca sul filo dei centimetri. Da una parte i De Martino-De Micco, dall’altra i De Luca Bossa, sostenuti da Minichini e Casella. E’ fin troppo semplice dedurre di chi sia la firma sull’omicidio di D’Onofrio, che ha pagato con il sangue il suo stesso sangue, quello dei De Luca Bossa, un cognome che non poteva portare ma che sentiva nelle vene. Il 23enne è stato ammazzato sei giorni dopo la bomba esplosa sotto casa di Marco De Micco, ‘Bodo’ all’anagrafe di camorra’ (da qui il soprannome del gruppo), scarcerato meno di quattro mesi fa, che con il ferimento di due persone estranee ai contesti malavitosi aveva riaperto la stagione degli attentati e della paura interrotta da una pax mafiosa a questo punto soltanto apparente. Poi l’omicidio, altro sangue versato, Ponticelli che torna a essere il centro della cartina geografica del malaffare del capoluogo. La cosa peggiore è che la sensazione diffusa a Napoli Est è che il peggio non sia ancora arrivato: le cosche che stanno seguendo con maggiore attenzione l’evolversi della situazione a Ponticelli sono i Rinaldi di San Giovanni a Teduccio, legati ai Minichini e i Cuccaro di Barra, in passato vicinissimi ai De Micco (che era una proiezione degli stessi Cuccaro su Ponticelli) e oggi dalla parte dei De Luca Bossa. Una situazione che ridisegna lo scenario e, soprattutto, i rapporti di forza in campo visto che fino a qualche tempo fa sembrava che i De Micco-De Martino avessero preso un certo vantaggio sugli avversari, colpiti anche dagli arresti seguenti alla bomba fatta esplodere in via Esopo a marzo. Non solo. Un’altra componente che preoccupa fa rima con clan Mazzarella, al quale potrebbe far gola sostenere logisticamente proprio i De Micco-De Martino per diversi motivi: anzitutto per non perdere l’occasione di poter mettere un’altra bandierina sullo scacchiere della città. Infatti l’eventuale appoggio al ‘cartello’ vincente permetterebbe al clan di avere importanti alleati e, soprattutto, avere voce in capitolo sulle attività illecite nel quartiere.
Spari all’impazzata in Villa, ‘stesa’ tra runner e bambini
Un corteo armato semina il panico nel feudo dei ‘Bodo’