Spinse il figlio ad andare in Siria, padre condannato a 4 anni e 2 mesi

Secondo l'accusa, il 53enne ha organizzato e finanziato il viaggio del ragazzo fino a Damasco

carcere

MILANO – È stato condannato a 4 anni e 2 mesi di carcere Sayed Fayek Shebl Ahmed, 53anni, ex mujaheddin egiziano che ha combattuto in Bosnia e che da anni abitava con la famiglia a Fenegrò, nel Comasco. L’uomo aveva convinto il figlio maggiore, il 23enne Saged, a raggiungere la Siria nel 2014 e ad arruolarsi tra le file di un gruppo Harakat Nour al-Din al-Zenki. Vicino all’organizzazione terroristica Hayiat Tahir Ash Sham, avversaria dell’Isis.

L’uomo sconta la pena per terrorismo internazionale

Il padre, che da un anno è detenuto a Nuoro, è stato condannato con il rito abbreviato dal gup Stefania Pepe per terrorismo internazionale. Una volta scontata la pena, verrà espulso dall’Italia, come aveva chiesto il pm Enrico Pavone (che aveva sollecitato una condanna a 5 anni e 4 mesi). Anche la moglie, una 45enne marocchina, si era radicalizzata ed è stata espulsa dall’Italia per ragioni di sicurezza. Mentre agli due figli della coppia, un ragazzo di 22 anni e una ragazza, è stato permesso di restare.

I contatti con la frangia di Al Qaeda in Iraq e Siria

Secondo l’accusa, il 53enne ha organizzato e finanziato il viaggio del figlio fino a Damasco e per quattro anni, ogni mese, gli ha inviato circa 200 euro. E quando Saged, che in Siria si è sposato e ha avuto figli, ha manifestato il desiderio di tornare, il padre lo ha dissuaso. Il ragazzo era anche stato espulso dalla sua brigata per una sospetta simpatia per l’Isis. Il padre, dall’Italia, era riuscito a farlo reinserire nella formazione legata alla frangia di Al Qaeda in Iraq e Siria.

La tesi della difesa non convince i giudici

Nonostante la guerra, i contatti di Saged con i familiari non si sono mai interrotti. E il 23enne ha dato al padre anche notizie di Fabrizio Pozzobon, idraulico e ex consigliere comunale della Lega di Castelfranco Veneto, partito per la Siria e poi rapito. Informazioni che il 53enne ha fornito agli inquirenti e che gli sono valse le attenuanti generiche. L’avvocato Giusy Regina aveva sostenuto davanti al giudice che l’ex mujaheddin non è un terrorista. Ma solo un padre preoccupato per il figlio e “piuttosto che tenerlo in Italia a spacciare, ha deciso di mandarlo in Siria”. Una tesi che non ha convinto i giudici.

(LaPresse)

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