di Elisabetta Graziani
ROMA (LaPresse) – Garantista sul piano giuridico, intransigente su quello politico. Il Pd si definisce per contrasto rispetto allo stile penta-leghista, anche nel caso dello stadio della Roma. Niente cori ‘Onestà-onestà’ sotto il Campidoglio, niente sventolio di manette. Il Partito democratico è “un’altra cosa”. E le briglie le tiene ancora una volta in mano Matteo Renzi che torna a dominare la scena con e-news e Facebook. Dove si lascia sfuggire una battuta fulminante. “Il governo del cambiamento che voi pensavate fosse nato in streaming nei colloqui tra le forze politiche, invece è nato a cena a casa di un costruttore romano”. Il riferimento è alla cena tra l’imprenditore Luca Parnasi, l’ex presidente Acea Luca Lanzalone, uomo di riferimento dei Cinquestelle, e il sottosegretario Giancarlo Giorgetti. Circostanza che vale all’esecutivo M5S-Lega l’appellativo di ‘Governo del Gattopardo’ anziché del cambiamento, dove tutto cambia per restare com’è.
Il primo a rompere il silenzio nel Pd è il capogruppo Graziano Delrio
“E’ molto più facile fare la voce grossa con 600 persone in mezzo al mare, con le Ong e con le associazioni di volontariato, che fare la voce grossa con i palazzinari”. I bersagli sono Matteo Salvini e Parnasi. Per Delrio, Parnasi e Lanzalone sono rispettivamente i “punti di riferimento” dei capi politici del governo gialloverde (o gialloblu). “Il palazzinaro agli arresti è amico vero, serio di Salvini, che Salvini ha difeso, correttamente. Perché lo ritiene una persona onesta e le carte dimostreranno se Salvini ha ragione o no. L’altro ha scritto lo statuto dei Cinquestelle“.
Il Pd chiede che il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede riferisca in aula a Palazzo Madama. Sembra infatti essere stato proprio il Guardasigilli a indicare l’avvocato Lanzalone al sindaco Virginia Raggi. Renzi spezza addirittura una lancia a favore della prima cittadina: “Non è possibile scaricare tutto sempre sulla Raggi. Chi le ha imposto quei collaboratori deve spiegare perché lo ha fatto e cosa c’è sotto”. I Dem lasciano ai giudici decidere se ci siano stati o meno reati, ma non rinunciano a denunciare un “quadro inquietante” fatto di contatti – la cui natura è da dimostrare – tra un presunto corruttore (Parnasi) e tanto il mondo pentastellato quanto quello leghista, dove la trasparenza è torbida quanto un fondo di bottiglia.