ROMA – “Le sentenze dei tribunali sono certamente importanti. Con i pronunciamenti della magistratura e delle giurie popolari si possono fare cessare sogni di gloria o rilanciare propositi ambiziosi degli imputati, a seconda se si decida per la condanna o per l’assoluzione, si può decidere finanche delle sorti politiche di una comunità, di un paese, insomma si può scrivere la storia dei popoli”. Lo scrive su Facebook il presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra, in merito alla sentenza sul cosiddetto processo ‘Trattativa Stato-mafia’. “Basti pensare al processo istruito a carico di Socrate, condannato a morte eppure capace di definirsi, orgogliosamente, il cittadino più giusto di Atene e venendo poi riconosciuto come l’iniziatore della filosofia occidentale. In epoca ben più recente, vicende giudiziarie ben più note e grottesche investirono Al Capone, ritenuto uno dei gangster più violenti ed efferati della criminalità organizzata statunitense, passato alla storia col soprannome di ‘Scarface'”, continua.
“Bene, se si studia la storia processuale di Al Capone, si scopre che la sua carriera criminale si concluse solo il 17 ottobre 1931 quando la giuria popolare giudicò Capone colpevole non di omicidi, di stragi, di gravi reati di sangue, ma solo di una parte delle imputazioni contestategli per evasione fiscale, condannandolo comunque a ben 11 anni di carcere e ad una pesante multa di 50.000 dollari”, aggiunge Morra. “Ergo, in termini giudiziari, ‘Scarface’, che a maggio del 1929 fu tuttavia condannato ad un anno di reclusione per il possesso di armi illegali e venne scarcerato dopo 9 mesi per buona condotta, fu ritenuto – perché la sua carriera criminale terminasse – dalla giustizia statunitense colpevole di reati fiscali e non di reati gangsteristici, mafiosi”, continua l’ex M5S. “Tuttavia storicamente parlando, non dunque in termini giudiziari, Al Capone viene riconosciuto come criminale efferato, responsabile della strage di San Valentino, uno dei più violenti e sanguinari boss della storia criminale nord americana”.
“Questo per sottolineare quanto ricordavo qualche giorno fa, riprendendo una famosa riflessione pasoliniana – sottolinea -. È stato Tucidide a farci capire che la storia viene, in un primo momento, scritta dai vincitori, ma poi abbiamo capito, grazie anche a Marc Bloch, che compito degli storici è rimettere sempre, al minimo dubbio, in discussione quanto si tramanda come verità certa, per scavare ulteriormente al fine o di consolidare l’acquisizione di partenza, dando risposte al dubbio iniziale, o per modificare la stessa in virtù di nuove conquiste scientificamente acquisite. Il potere tende ad imporre la sua narrazione, il suo ‘story-telling’, per ammansire, per placare, sedare e farsi accettare. Compito del politico democratico, e se volete del rompi scatole, del grillo parlante, è far emergere verità se si vuole fare giustizia, sebbene in questo modo si vada contro corrente, correndo il rischio dell’isolamento, dello screditamento continuo, del fango”, conclude Morra.
(LaPresse)