Stop motori 2035: Italia e Germania frenano l’UE

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Neutralità tecnologica
Neutralità tecnologica

Il pressing dell’industria automobilistica e di diversi Stati membri ha prodotto un primo, concreto risultato: la Commissione Europea ha rinviato una decisione chiave riguardante lo stop alla vendita di veicoli a benzina e diesel, fissato per il 2035. L’annuncio, inizialmente previsto per il 10 dicembre, è slittato al 16 dello stesso mese.

La mossa è arrivata in seguito a forti pressioni esercitate dalla Germania, attraverso il suo cancelliere, e dai vertici di importanti gruppi industriali, tra cui Stellantis. La richiesta è chiara: riconsiderare i termini del divieto, giudicato troppo rigido e potenzialmente dannoso per il settore manifatturiero europeo.

La misura era stata introdotta come un pilastro del Green Deal, il piano ambientale dell’Unione per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Secondo i dati della Commissione, il trasporto su strada è responsabile di circa il 20% delle emissioni totali in Europa, e le automobili private contribuiscono per oltre il 60% di questa quota.

L’alleanza dei Paesi contrari a un approccio “solo elettrico” si è però allargata. L’Italia, attraverso la premier Giorgia Meloni, ha firmato una lettera congiunta insieme a Bulgaria, Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria e Slovacchia. Il documento chiede formalmente all’Unione Europea di adottare il principio della “neutralità tecnologica”.

Nello specifico, i sei Paesi hanno chiesto che, anche dopo il 2035, possano continuare a essere commercializzati veicoli ibridi plug-in, tecnologie a celle a combustibile e auto elettriche con “range extender” (un piccolo motore termico che ricarica la batteria). Un’altra richiesta fondamentale riguarda i biocarburanti, per i quali si domanda il riconoscimento dello status di “combustibili a impatto carbonico neutro”.

L’Italia ha un forte interesse in questo campo, essendo un importante produttore di biocombustibili, con 1,2 milioni di tonnellate raffinate nel 2024. L’obiettivo è valorizzare un’industria nazionale e offrire un’alternativa considerata meno inquinante rispetto ai carburanti fossili tradizionali.

La posizione tedesca è motivata dalla necessità di proteggere la sua potente industria automobilistica dalla crescente concorrenza, soprattutto quella cinese, offrendo una gamma più ampia di motorizzazioni. La Francia, avendo investito massicciamente nella filiera dell’elettrico puro, si è mostrata meno incline a rivedere i piani.

Le richieste non si sono limitate alle autovetture. La lettera ha sollevato anche il problema dei veicoli pesanti, per i quali gli obiettivi di riduzione delle emissioni sono considerati estremamente difficili da raggiungere nel breve termine. I firmatari hanno sottolineato che un “dogmatismo ideologico” rischia di mettere in ginocchio interi settori produttivi con benefici ambientali scarsi o nulli su scala globale.

Il messaggio finale, riassunto dalla frase “non c’è nulla di verde in un deserto industriale”, è che la transizione ecologica deve procedere senza compromettere la competitività economica del continente. Incontri diplomatici, come quello tra il ministro Adolfo Urso e i suoi omologhi europei, stanno proseguendo per consolidare un fronte comune e promuovere una visione più pragmatica per il futuro dell’industria.

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