Studio francese: gli animali hanno coscienza della morte

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Coscienza animale
Coscienza animale

La storia del cane Landon, che a San Severo ha vegliato per ore l’amico investito da un’auto, ha riacceso l’attenzione sulla sensibilità del mondo animale. Questo episodio solleva interrogativi profondi sul rapporto che le altre specie hanno con la fine della vita, un tema che la scienza ha iniziato a esplorare con crescente interesse.

A fornire un quadro scientifico rigoroso è stata la biologa Emmanuelle Pouydebat del CNRS, il centro nazionale di ricerca francese. In una recente intervista, basata sul suo libro che indaga le reazioni emotive e comportamentali di fronte al lutto, la studiosa ha ribadito un concetto fondamentale: gli animali non sono affatto estranei all’evento della morte.

Pouydebat ha spiegato come la sua ricerca sia nata per colmare una lacuna negli studi etologici. Ha sottolineato che la fine della vita scatena negli esseri viventi “una vasta gamma di comportamenti complessi e reazioni molto forti”. Molte specie hanno sviluppato metodi precisi per riconoscere la morte in un conspecifico.

Alcune formiche, ad esempio, associano odori specifici alla mancanza di segnali vitali chimici, comprendendo così che una di loro è deceduta. Allo stesso modo, pesci come le lamprede marine e gli squali hanno imparato a fuggire dall’odore emanato da tessuti in decomposizione, un chiaro segnale di pericolo.

Uno degli aspetti più toccanti emersi dalle osservazioni riguarda la presenza di veri e propri “riti”. Molti ricorderanno le immagini di elefanti che toccano con la proboscide le ossa di un membro del branco defunto o di scimpanzé che mostrano comportamenti assimilabili al lutto. La dottoressa Pouydebat ha confermato che l’etologia definisce tali comportamenti come rituali, pur mantenendo cautela su interpretazioni filosofiche più spinte.

Un altro comportamento affascinante è la tanatosi, l’atto di “fingersi morto” come meccanismo di difesa estremo. Questo fenomeno solleva interrogativi sulla consapevolezza. “È chiaro che la tanatosi non è la prima risposta al pericolo, ma un’ultima risorsa”, ha specificato la biologa. La domanda che ne consegue è cruciale: a che punto un individuo capisce che è il momento di simulare la morte?

Sebbene il concetto astratto di mortalità, come lo intendiamo noi umani, rimanga difficile da attribuire ad altre specie, le evidenze raccolte sono inequivocabili. Gli animali riconoscono la fine di un’esistenza, la evitano e manifestano forme di lutto. Queste scoperte, come evidenziato dall’ENPA, conferiscono un peso morale incalcolabile alla loro vita e alla loro sofferenza.

L’auspicio è che questo crescente riconoscimento scientifico si traduca in un rafforzamento delle tutele legislative e in un profondo cambiamento culturale. Rispettare la vita animale fino alla sua conclusione non rappresenta solo un atto di civiltà, ma il segno di una società evoluta che comprende il valore intrinseco di ogni essere vivente.

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