Gli oranghi hanno dimostrato una dipendenza materna tra le più lunghe del regno animale, superata solo da quella umana. Il periodo di svezzamento può durare fino a 15 anni, un lungo apprendistato durante il quale i giovani acquisiscono le competenze fondamentali per la sopravvivenza. La più importante tra queste è la conoscenza del proprio menù alimentare.
Questi primati possiedono un “catalogo mentale” di circa 250 tra piante e animali commestibili, una guida essenziale per orientarsi nella complessa offerta delle foreste. Un recente studio, pubblicato sulla rivista Nature Human Behaviour, ha analizzato proprio questa straordinaria capacità di memorizzazione, confermando che la cultura è fondamentale nello sviluppo della loro dieta.
Per arrivare a questa conclusione, un team di scienziati ha analizzato i dati di una popolazione di oranghi di Sumatra, stanziata nelle foreste paludose di Suaq Balimbing, in Indonesia. La ricerca si è basata su dodici anni di osservazioni quotidiane e meticolose, che hanno documentato il comportamento dei primati quasi minuto per minuto. L’obiettivo era capire se un singolo individuo potesse, in autonomia, costruire un repertorio alimentare così vasto.
Per verificare l’ipotesi, i ricercatori hanno affiancato all’osservazione sul campo una simulazione al computer. In questo ambiente virtuale, hanno potuto “isolare” i giovani oranghi dalle interazioni sociali, costringendoli a imparare da soli cosa fosse commestibile e cosa no. Un esperimento del genere sarebbe stato impossibile e crudele da condurre su animali selvatici.
Agli oranghi simulati sono state gradualmente sottratte tre abilità sociali cruciali per l’apprendimento alimentare. La prima è l’osservazione diretta di un altro esemplare mentre mangia. La seconda è la vicinanza ad altri individui che raccolgono cibo, un comportamento che favorisce l’imitazione. Infine, è stata eliminata la possibilità di essere accompagnati da esemplari più esperti in aree ricche di risorse.
I risultati della simulazione hanno confermato quanto osservato in natura. Gli oranghi virtuali che hanno avuto accesso a tutti e tre i comportamenti sociali hanno costruito un menù di circa 220 cibi diversi, una cifra molto vicina ai 250 che i loro simili imparano nel loro habitat. Al contrario, sopprimendo una o più di queste interazioni, i primati della simulazione hanno sviluppato un catalogo notevolmente più ridotto.
Lo studio ha quindi confermato che la dieta degli oranghi è una questione squisitamente culturale. I giovani imparano dagli anziani attraverso l’osservazione e l’interazione, in un processo di trasmissione che si ripete di generazione in generazione. Senza questo passaggio di conoscenze, gli oranghi non riuscirebbero a sfruttare appieno le risorse del loro ambiente, limitando drasticamente le proprie possibilità di sopravvivenza.



















