Milano (LaPresse) – Ventiquattro ore dopo la ‘rivolta’ della Torino imprenditoriale contro l’odg 5 stelle che dice no alla Tav, arriva l’ira del presidente del Piemonte, Sergio Chiamparino. La sua rabbia è un’accusa alla sindaca grillina Chiara Appendino e alla sua maggioranza: quella mozione è “uno schiaffo alla città che lavora”, il dito puntato. Durante la seduta del consiglio regionale, l’ex sindaco di Torino sputa fuoco e un ultimatum. “Se questo governo maleducato non accetta di discutere chiederò il referendum”. Ma a Roma il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, tira dritto e non certo in direzione Lione. “Ci metteremo d’accordo con la Francia per non farla”, è la minaccia. Al ministro pentastellato risulta “che Macron abbia escluso la Tav dalle priorità infrastrutturali proprio dopo aver valutato costi e benefici. E non ha stanziato risorse per finanziare il percorso dalla galleria a Lione”.
Siamo al muro contro muro, con inevitabili cascami sui delicati equilibri dell’esecutivo. Tanto che sulla controversia deve intervenire da Nuova Delhi anche il premier Giuseppe Conte, ma con toni più possibilisti: “L’analisi costi-benefici è in dirittura d’arrivo. Il governo si impegna a rivedere quest’opera. Tra poco la decisione finale”. In tema di grandi opere, però, è aperto anche il dossier Terzo Valico. Che Toninelli invece sdogana: lo stato di avanzamento “è tale che bloccarlo costerebbe più che mandarlo avanti”. Una differenza di trattamento che irrita gli industriali di Torino, Milano e Genova: compatto, il fronte nordovest chiede che vengano realizzate entrambe le mega opere e stavolta i toni sono duri: “Rinunciarvi sarebbe un colpo mortale”.
Il presidente del Piemonte punta sulla spaccatura sulla vicenda tra Lega e M5S
A Chiamparino viene bene attaccare il governo nazionale facendo leva soprattutto sulle divisioni Lega-M5S. Per il governatore i grillini sono gli attori di una pantomima recitata sul copione frusto dello studio di fattibilità. Mentre alla Lega di Salvini chiede di uscire dall’ambiguità: “Basta dire che si faranno la pedemontana veneta e quella lombarda, che anche il Terzo valico verrà portato a termine e quando si arriva alla Tav si parla di rapporto costi benefici”.
A palazzo Lascaris, sede dell’assemblea piemontese, oltre agli strali del ‘Chiampa’, volano gli stracci fra 5 Stelle e dem. Un po’ come accaduto in sala rossa lunedì per la votazione dell’odg anti Tav. E’ toccato al consigliere regionale Pd Luca Cassiani venire espulso dall’aula dopo avere dato dei “pagliacci” ai grillini e avere bollato con termini più coloriti le dichiarazioni della pentastellata Francesca Frediani, fautrice delle ragioni “non ideologiche” del no alla Tav.
Intanto, con l’alta velocità arenata nella palude della polemica politica, sotto la Mole qualcosa si muove. Api Torino vuole “chiamare a raccolta tutta la società civile contro un governo, una classe politica, le istituzioni locali e nazionali che si rifiutano di progettare seriamente un futuro migliore”. Qualcuno rispolvera dagli anni ’80 il ricordo della marcia dei 40mila. Ma mentre il movimento ‘Si Tav’ scalda i motori, la Cgil torinese approva un ordine del giorno proprio per dire no all’opera. E’ passato con 163 voti a favore, 47 contrari e 22 astenuti e conferma il giudizio critico sull’alta velocità Torino-Lione già espresso in sede congressuale nel 2014.
Laura Carcano