Teverola, estorsioni via social con profili falsi: così parlavano boss e gregari del clan

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Aldo Picca e Salvatore De Santis

TEVEROLA – Usavano contatti social fake per conversare e organizzare le estorsioni: a rivelarlo è stato Francesco De Chiara, ex esponente della cosca guidata – ritiene la Dda di Napoli – da Aldo Picca, storico esponente del clan dei Casalesi, e Nicola Di Martino. Sono informazioni che, da neo collaboratore di giustizia, De Chiara ha riferito ai magistrati dell’Antimafia circa tre settimane fa e che venerdì sono state rese note con il loro deposito nel processo – in corso dinanzi al Tribunale di Napoli – innescato dall’indagine tesa a smantellare proprio la compagine malavitosa governata da Picca.

Il dato degli account tarocchi attivati per parlare di pizzo è emerso quando De Chiara ha riferito dell’apprensione nel clan circa il sequestro di alcuni telefoni, avvenuto nel 2023, quando Picca e Di Martino – da poco tornati in libertà – vennero riportati in cella cautelarmente con l’accusa di estorsione. La notizia che i militari dell’Arma, oltre ad ammanettare il boss, avevano prelevato anche dei cellulari, suscitò ansia nel gruppo. In particolare, Salvatore De Santis, alias ‘Buttafuori’ – braccio destro di Picca e, secondo l’accusa, anche delegato alla gestione del business della droga -, venuto a conoscenza – da un avvocato – del blitz e del sequestro dei telefonini, si mostrò molto arrabbiato, ha riferito De Chiara, perché su uno di quei dispositivi c’erano dei messaggi Instagram che aveva scambiato con Di Martino relativi al business delle slot. In quelle chat veniva specificato, ha chiarito il collaboratore di giustizia, che il titolare di un’attività versava 800 euro a titolo estorsivo per avere le ‘macchinette’.

I nuovi verbali di interrogatorio resi da De Chiara sono stati depositati, come detto, venerdì scorso. Questo ingresso di atti ha portato l’iter giudiziario a un rinvio per consentire ai legali degli imputati di prendere visione dei documenti e valutare se procedere con rito abbreviato o meno. Alcune delle persone a giudizio avevano anche chiesto di affrontare il rito alternativo, ma condizionato dall’escussione di alcuni testimoni, richieste sulle quali il Tribunale si esprimerà a settembre.

Tra chi è a giudizio in questo filone ci sono Di Martino, Salvatore De Santis, 47enne, entrambi di Teverola, Omar Schiavone, 34enne di Casal di Principe, Carmine Sfoco, 29enne di Aversa, Fabio Della Volpe, 25enne, Carmine Di Tella, 33enne, Raffaele Di Tella, 56enne, tutti di Carinaro, Antonio Zaccariello, 31enne di Teverola, Michele Vinciguerra, 46enne di Aversa e altri. Aldo Picca, 68enne, non sta affrontando con loro il processo: non è in questo filone, ma è già a dibattimento dinanzi al Tribunale di Napoli Nord. Gli imputati sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsioni, armi, associazione finalizzata allo smercio di narcotici, singoli episodi di spaccio e trasferimento fraudolento di beni. Sono tutti da ritenere innocenti fino a una eventuale sentenza di condanna irrevocabile.

Nel collegio difensivo gli avvocati Carmine D’Aniello, Mirella Baldascino, Gaetano Laiso, Enrico Capone, Giovanni Pizzo, Angelo Raucci, Mario Griffo, Luigi Maurizio D’Agosto, Cristina Mottola, Renato D’Antuono, Vincenzo Motti, Gianfranco Carbone, Vincenzo Alesci, Antonio Nerone, Michele Cantelli, Michele Golia, Generoso Grasso, Luciano Mariniello, Domenico Dello Iacono e Patrizio Della Volpe.

L’inchiesta che ha innescato il processo a Napoli e l’ordinario a Napoli Nord è figlia dell’indagine, realizzata dai carabinieri di Caserta, che nel 2024 ha fatto scattare 42 misure cautelari. Il gruppo che avrebbero guidato Picca e Di Martino sarebbe stato attivo dal 2021 fino al blitz dei carabinieri. Le attività illecite accertate, afferma la Dda, consistevano sia nelle estorsioni ai danni di imprenditori e titolari di esercizi commerciali, sia nell’imposizione di istituti di vigilanza privata ad attività commerciali presenti sul territorio. La compagine mafiosa avrebbe imposto pure le slot-machine presso bar, locali e sale slot, la cui fornitura era devoluta a società a loro riconducibili o compiacenti. Nel corso dell’attività investigativa è stato anche accertato il tentativo di imporre i servizi di onoranze funebri.

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