Torre del Greco, gettato in mare e ucciso a 2 anni. La madre arrestata per omicidio

La donna agli investigatori: “Temevo soffrisse di ritardi mentali”

TORRE DEL GRECO – Gettato in mare e ucciso a due anni dalle mani che avrebbero dovuto difenderlo da tutto e tutti. Nonostante il passare delle ore si fa ancora troppa fatica a srotolare la sequenza della tragedia di Francesco Auciello, il bimbo annegato nel mare di località La Scala, dove spiaggia e scogli sono neri come la cenere del Vesuvio e come il fiocco del lutto che, da domenica sera, avvolge Torre del Greco in un tempo sospeso. Per la tragedia del piccolo Francesco, ieri pomeriggio i carabinieri della compagnia locale hanno condotto sua madre, Adalgisa Gamba, nel carcere femminile di Pozzuoli. La 40enne risponde della pesantissima accusa di omicidio volontario pluriaggravato. La peggiore accusa, forse, che una mamma possa mai ricevere. Non un risvolto a sorpresa, a dire il vero, quello arrivato dopo un interrogatorio durato tutta la notte e al culmine di un lavoro condotto senza sosta dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata. La 40enne è stata sin da subito la sospettata numero uno. L’unica persona sospettata di uno strazio che sfida le leggi della natura.

La tragedia

Domenica, ore 22:30: al civico 20 di via Calastro, sulla litoranea corallina, arrivano lampeggianti e sirene dei carabinieri della sezione operativa della caserma locale. I militari non sanno ancora che si ritroveranno a calpestare il set di un film dell’orrore. Appena mettono piede sulla sabbia scoprono che un bimbo di due anni e mezzo è annegato nell’acqua gelida di gennaio. L’intervento degli operatori sanitari risulta inutile: il cuore di Francesco ha già smesso di battere da una manciata di minuti, malgrado i tentativi disperati di tre adolescenti che si sono lanciati in mare per salvargli la vita. Sugli scogli i militari dell’Arma trovano la madre, in evidente stato di choc, che riferisce loro frasi senza apparenti nessi logici. “Sono stata vittima di una rapina da parte di un extracomunitario”, afferma la donna non appena vede gli uomini in divisa. “Ho dimenticato le scarpine di Checco, devo recuperarle”, aggiunge, mentre tutto intorno sono urla, mani che chiudono volti e fiumi di lacrime. C’è anche il marito Elio Nazzareno, sulla spiaggia, con lui il fratello Ivano, medico di famiglia. E’ bagnato, Elio, si è fiondato in acqua nella speranza di riportare il figlioletto in superficie. Secondo i presenti urlerà “arrestatela” quando si renderà conto che per Francesco non c’è più nulla da fare e che è la moglie ad averlo condannato alla morte. Sono tanti gli occhi ad aver assistito ai frame della tragedia. Gli stessi occhi che giocheranno un ruolo fondamentale nella chiusura del cerchio delle indagini. Adalgisa viene fatta salire in una ‘gazzella’ dei carabinieri e portata in caserma. Dopo ore di domande, la 40enne vuota il sacco: “L’ho ucciso io perché credevo che fosse affetto da problemi di ritardo mentale”. Nello specifico, pensava fosse affetto da autismo. Una confessione choc, la sua, che provoca lo stesso dolore di un pugno inaspettato nello stomaco. Versione che non trova riscontro con la realtà: Francesco era un bimbo sano. Non c’è alcuna conferma, fanno sapere gli inquirenti, dal punto di vista sanitaria. Raccolta l’ammissione di colpa, cristallizzato il movente e analizzate le versioni dei testimoni oculari, per i magistrati della Procura oplontina è un gioco da ragazzi formulare l’ipotesi di reato: omicidio volontario. Nel pomeriggio, Adalgisa varca la soglia della casa circondariale di Pozzuoli. Il luogo in cui sorge il carcere è un’autentica punizione nella punizione: da lì potrà godere dell’odore e della vista del mare. Tra 24 ore la convalida del fermo.

Le ricerche avviate dopo la denuncia del marito

Nel pomeriggio di domenica, Elio, responsabile della gestione finanziaria di un’azienda informatica di Torre Annunziata, denuncia ai carabinieri la sparizione nel nulla della moglie e del figlio.

Poche ore più tardi, lo ritroviamo sulla scena del delitto, in lacrime, mentre tenta di sottrarre Checco alle onde e al destino. Intanto a venire a galla è la tragedia, in tutta la sua crudeltà e violenza. Il passaparola corre veloce a Torre del Greco. In un primo momento, trapela la notizia di un tentativo di suicidio da parte della donna. La prima versione, dunque, vede Adalgisa lanciarsi in acqua insieme al figlio per togliere la vita a sé e a Checco. Le successive indagini escluderanno questo scenario. Adalgisa avrebbe gettato il figlio in acqua e con l’obiettivo di ucciderlo, sostiene la Procura di Torre Annunziata guidata dal procuratore Nunzio Fragliasso.

Ed è proprio al magistrato e al pm Andreana Ambrosio che Adalgisa rivela il sospetto di un problema di ritardo mentale del figlio. Nella giornata di oggi era in programma l’ennesimo appuntamento con lo psichiatra infantile. Una versione confermata dalle dichiarazioni rilasciate ieri sera dall’avvocato Tommaso Ciro Civitella, legale della 40enne: “Da circa tre mesi viveva una sorta di blackout causato dal terrore che il figlio fosse affetto da un ritardo mentale, alcuni comportamenti del bimbo l’avevano addirittura convinta che potesse essere autistico. Per questa mattina era fissata una visita con uno psichiatra infantile, ma forse proprio il terrore di vedere confermate le proprie paure ha fatto sì che quel blackout culminasse in un gesto apparentemente inspiegabile: l’annegamento del proprio figlio di 2 anni”. E’ in stato di choc, ha riferito il legale, che ha assistito la donna nel corso dell’interrogatorio.

“Ciò che si spera – ha aggiunto il penalista – è che la raccolta degli elementi da parte della Procura possa portare luce in questo tunnel che rappresenta un dramma umano”. Secondo l’avvocato “è da escludersi l’ipotesi suicidaria, così come qualunque volontà e premeditazione. Ciò che è accaduto non era nella volontà della donna”.

Non si esclude che il penalista possa presentare richiesta per una perizia psichiatrica. Da tempo l’aria si era fatta tesa nell’appartamento degli Auciello in corso Vittorio Emanuele. Marito e moglie litigavano spesso. Il bambino, si apprende dagli investigatori, aveva dei leggeri problemi ad esprimersi. Forse gli sarebbe bastato essere seguito un logopedista. Forse non ne avrebbe nemmeno avuto bisogno. Di sicuro avrebbe meritato solo puro amore.

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