Tra i banchi di scuola con i coltelli. Scoperti due 13enni e un 14enne a Caivano e Miano

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Coltello a scuola (foto LaPresse)

CAIVANO – Lo scenario è di quelli che squarciano il velo della normalità: non libri, quaderni o penne, ma lame affilate, sequestrate all’interno di istituti scolastici. La settimana di cronaca locale è stata segnata da due episodi distinti, ma collegati da un filo rosso che traccia il perimetro di una deriva minorile sempre più preoccupante: il possesso di coltelli da parte di giovanissimi, portati in classe con la stessa leggerezza di un accessorio. L’ultimo allarme, in ordine di tempo, è scattato all’istituto superiore Morano, nel complesso di edilizia popolare del Parco Verde di Caivano, una zona tristemente nota e recentemente al centro di un massiccio intervento statale per il rilancio sociale e urbanistico. Su segnalazione della dirigente scolastica Eugenia Carfora, i carabinieri della compagnia locale sono intervenuti lo scorso sabato. Il risultato del controllo è stato scioccante: tre ragazzini – due di 13 anni e uno di 14 – sono stati trovati in possesso di tre coltelli.

Le armi sono state immediatamente sequestrate dai militari dell’Arma, e i tre studenti, minorenni, sono stati segnalati alla Procura per i Minorenni di Napoli. Un procedimento giudiziario minorile si apre ora per ragazzi in piena età evolutiva, riaffidati alle rispettive famiglie ma con un’ombra di devianza che si allunga sul loro percorso. L’episodio di Caivano non è una sfortunata eccezione, ma si inserisce in una serie di eventi analoghi che da mesi tengono in allerta le istituzioni scolastiche e giudiziarie della regione. Pochi giorni prima, infatti, un’altra inquietante scoperta aveva avuto luogo a Napoli, nell’Istituto Comprensivo 35° Scudillo Carafa Salvemini, nella sede di Miano, periferia nord del capoluogo. Lì, un’insegnante aveva individuato un coltello nascosto nella cassetta di scarico di un wc nel bagno maschile. Anche in quel caso, l’intervento dei carabinieri ha portato al sequestro dell’arma e all’avvio di indagini per risalire al responsabile. Due scuole, due quartieri complessi, lo stesso allarme: la presenza tangibile e silenziosa di un’arma da taglio all’interno di un ambiente che dovrebbe essere il santuario della formazione e della sicurezza.

La tendenza a cui si assiste non può essere ridotta a un mero fatto di cronaca locale, e riflette una mutazione sociale drammatica. Portare un coltello non è più solo un gesto dettato dalla volontà di commettere un reato, quanto piuttosto un simulacro di potere o un presunto strumento di dissuasione in contesti percepiti come ostili e insicuri. Per questi adolescenti, la lama diventa una sfortunata estensione del corpo, una risposta difensiva – o talvolta aggressiva – a un tessuto sociale lacerato. Una deriva alimentata da molteplici fattori: l’esposizione a modelli criminali precoci, l’influenza di certe sottoculture veicolate dai social media, e soprattutto, un profondo senso di insicurezza personale e territoriale. Il possesso dell’arma conferisce uno status fittizio e una sensazione di controllo, sostituendo il vuoto lasciato dalla mancanza di prospettive educative ed economiche. L’aspetto logistico del problema è altrettanto cruciale. Le indagini e le testimonianze sui territori evidenziano la estrema facilità con cui i minorenni riescono a procurarsi queste armi. Spesso si tratta di coltelli di piccole e medie dimensioni, pieghevoli o a scatto, venduti a prezzi irrisori e senza alcun controllo sull’età dell’acquirente. Numerose segnalazioni convergono sull’indicazione che questi strumenti sono facilmente acquistabili in alcuni esercizi commerciali di prossimità, spesso bazar dove la logica del guadagno prevale su qualsiasi scrupolo normativo e morale.

La disinvolta vendita di armi bianche a chiunque sia in grado di pagare una manciata di euro crea un canale di accesso diretto e non regolamentato che bypassa qualsiasi tentativo di prevenzione sul possesso di armi. Questa facilità di acquisto non solo alimenta la devianza,
ma rende più complessa l’azione di contrasto da parte delle forze dell’ordine e più urgente la necessità di controlli rigorosi sulla filiera di vendita al dettaglio. Di fronte a questa escalation, la scuola, che dovrebbe essere rifugio e opportunità, si trova a trasformarsi in un luogo di potenziale pericolo, costringendo il personale educativo a un ruolo che esula dalla didattica. L’intervento della dirigente Carfora a Caivano è un esempio di coraggio civico e di attivazione immediata, ma rivela anche l’estrema solitudine in cui spesso operano i presidi e gli insegnanti.

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