Il presidente della Provincia Autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, è stato rinviato a giudizio e affronterà un’udienza predibattimentale il 9 marzo 2026. L’imputazione riguarda l’uccisione dell’orso M90, un esemplare definito confidente ma che non aveva mai causato problemi significativi a persone o cose.
La Procura della Repubblica, a seguito di un’ordinanza del Gip del Tribunale di Trento, ha formulato due capi d’accusa alternativi. Il primo è il reato di uccisione di animale con crudeltà (articolo 544 bis del Codice Penale). In subordine, è stato contestato il delitto di maltrattamento di animali (articolo 544 ter), che prevede pene da tre a diciotto mesi, aumentate della metà in caso di morte.
Secondo l’accusa, l’ordinanza con cui il presidente Fugatti dispose l’abbattimento dell’orso ha causato la morte dell’esemplare con modalità crudeli. Non è stata prevista la narcotizzazione preventiva né altre procedure idonee a evitare sofferenze non necessarie. L’animale è stato colpito da due proiettili calibro 30.06 e lasciato morire dopo una lunga agonia. L’imputazione alternativa per maltrattamento sottolinea come l’ordine di uccisione non indicasse limiti operativi o garanzie per evitare patimenti inutili.
L’Ente Nazionale Protezione Animali (Enpa) ha svolto un ruolo decisivo in questa vicenda giudiziaria. È stata l’unica associazione a presentare opposizione formale alla richiesta di archiviazione avanzata in precedenza dal Pubblico Ministero. A sostegno della sua tesi, Enpa ha depositato una relazione tecnica del medico legale Cristina Cattaneo e una del veterinario forense Orlando Paciello, che hanno evidenziato l’inutile crudeltà delle modalità di abbattimento.
Per l’associazione, questo procedimento conferma la gravità dell’accaduto. L’uccisione è avvenuta in tempi strettissimi, una mossa interpretata come un tentativo di impedire alle associazioni di presentare ricorso al TAR, come era già avvenuto con successo per due ordinanze precedenti, poi sospese dal giudice amministrativo.
L’operazione di abbattimento si è svolta al di fuori dei parametri stabiliti dal PACOBACE (il Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’orso bruno sulle Alpi centro-orientali). Fondamentale, secondo l’accusa, è stata l’assenza di un medico veterinario, la cui presenza avrebbe potuto garantire una sedazione preliminare e un’eutanasia indolore. Si è invece scelta una modalità che ha condannato l’orso M90 a una morte lenta e dolorosa, un atto che Enpa definisce contrario alla legge, all’etica e alla sensibilità collettiva.




















