NAPOLI – Dopo dodici anni in carcere per associazione mafiosa, trovato morto in un albergo nel centro cittadino.
Daniele D’Agnese (nella foto) è stato scarcerato a fine estate. Sabato è stato trovato impiccato in una stanza di un hotel al corso Umberto. Trentanove anni. La Procura ha aperto una inchiesta e disposto l’autopsia: vuole accertare le cause del decesso. C’è più di un interrogativo, al quale dovrà rispondere.
Perché togliersi la vita, una volta libero? Chi lo ha accompagnato? E chi l’ultimo a vederlo? Il corpo in una camera chiusa, come se avesse pernottato qui. Gli investigatori stanno raccogliendo informazioni. L’indagine è tuttora in corso.
D’Agnese ha trascorso gli ultimi dodici anni di vita nel penitenziario di Novara al regime del 41 bis (carcere duro). Associazione mafiosa (clan Amato-Pagano) e droga. Appena libero la magistratura gli voleva applicare la misura della sorveglianza speciale (libretto rosso), riservata ai soggetti pericolosi. Ma l’avvocato Luigi Senese era riuscito a dimostrare che dopo tanti anni il quadro fosse cambiato e la misura non più necessaria: annullata. Dunque il 39enne era uscito dal penitenziario di Novara ed era libero: senza restrizioni. Perché togliersi la vita proprio ora? Ecco l’inchiesta della Procura di Napoli. Serve mettere insieme tutti i tasselli. Gli inquirenti non sono abituati a lasciare dubbi. Bisogna avere certezze. Solo l’autopsia può farlo.
D’Alterio sapeva i segreti degli Scissionisti. Genero di Pietro Amato. Per capire il profilo, va riletto l’arresto nel giugno 2011 insieme a Carmine Amato (nipote del boss Cesare Pagano). Insomma conosceva la prima linea della cosca (tra le più temute).
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Nel giugno 2011 Carmine Amato aveva 30 anni ed era già considerato il reggente. Fu arrestato dalla squadra mobile in una villetta, vicino a una cava di tufo ai Camaldoli. Si disse che il luogo non fosse casuale: serviva una via di fuga e qui ci sono decine di cunicoli. Amato era ricercato dal 2009, inserito nell’elenco dei cento latitanti più pericolosi. Con lui un altro latitante, Daniele D’Agnese, allora 27enne: ricercato dal maggio del 2009, accusato di associazione per delinquere di tipo mafioso e traffico di droga. Poi l’inchiesta ‘C3’, che col suo carteggio di intercettazioni telefoniche e ambientali aveva assestato al clan un duro colpo. Indagine dall’ossatura robusta. Nel gennaio 2013 i giudici della seconda sezione della Corte d’Appello chiusero il processo in secondo grado a carico di 21 indagati (su oltre cento, gli altri scelsero riti diversi). Ridotta la pena per Carmine Amato: condannato a 18 anni solo per l’appartenenza al clan Amato-Pagano, assolto dalle altre accuse. Per Daniele D’Agnese i giudici avevano disposto nove anni e quattro mesi di reclusione. Non è mai uscito dal carcere. Fino a quest’estate.
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