Truffe ecobonus, l’affare fiutato dal clan dei Casalesi: ecco i 143 indagati

Avrebbero utilizzato le ditte ‘amiche’ per le carte false

CASAL DI PRINCIPE – Un affare che ha attirato le attenzioni della camorra dei Casalesi quelli degli aiuti per gli ecobonus per l’edilizia. Paradossalmente hanno avuto gioco relativamente facile nel mettere in campo truffe e raggiri ai danni dello Stato. Avendo storicamente disponibilità di centinaia e centinaia di ditte edilizie compiacenti oppure a loro riconducibili hanno messo sul tavolo innumerevoli istanze utilizzando le numerose società e ditte operanti nel settore o comunque abilitate a farlo. Si sono mossi cioè su di un campo che purtroppo conoscevano bene. Secondo i finanzieri di Frattamaggiore, tra Napoli e Caserta ci sarebbe stato un meccanismo ben articolato andato avanti lungo tutto il 2021 e fino a qualche mese fa, che si sarebbe retto su imprese ‘cartiere’, delle scatole vuote create al solo scopo di costituire i crediti falsi per lavori edili mai compiuti, o società che nulla avevano a che fare col business edilizio, come negozi di saponi, di automobili e di elettrodomestici. Nel mezzo una rete di persone fisiche: c’è il capo di un clan della camorra detenuto, un affiliato all’organizzazione dei Casalesi, numerosi percettori del Reddito di cittadinanza (quasi il 70% degli indagati), tra i quali diversi parcheggiatori abusivi, alcuni anche inconsapevoli. Tutti, o quasi, erano incaricati di comprare i crediti da queste società e venderli o monetizzarli.

Allo stato Poste Italiane spa, la principale piattaforma utilizzata per trasformare i crediti in soldi, avrebbe inconsapevolmente monetizzato diverse centinaia di milioni di euro. Il dato preciso è in corso di verifica da parte dell’agenzia delle Entrate. Ma si tratta di soldi che si aggiungono agli ulteriori 2 miliardi di euro già monetizzati nell’ambito delle frodi complessive sui bonus, che ad oggi raggiungono quota 5,6 miliardi. Il fronte tutto da esplorare ora riguarda l’infiltrazione della mafia nell’acquisto dei crediti anche se provenienti da imprese “pulite”. Come ha rivelato l’Antiriciclaggio, il ‘sistema’ “si presta all’infiltrazione delle organizzazioni criminali allorquando siano queste ultime, tramite soggetti affiliati o contigui, ad acquistare i crediti fiscali, sfruttando l’esigenza di liquidità delle imprese colpite dalla pandemia e prospettando loro il perfezionamento delle operazioni della specie a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle mediamente offerte dal mercato”. Secondo i dati della Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d’Italia, infatti, il 21,4% delle 459 segnalazioni per operazioni sospette legate alla cessione crediti d’imposta nel 2021, ha connessioni a contesti “potenzialmente riconducibili alla criminalità organizzata”. Già in passato i Casalesi avevano provato, talvolta riuscendoci’ ad inserirsi in sistemi che prevedevano l’arrivo di soldi pubblici con una seri di società compiacenti. Spesso usano le emergenze o le calamità naturali per avere maggiori probabilità di intascare soldi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome