Nel lontano 1968 Andy Warhol, il padre della Pop-Art, pronunciò una frase rimasta celebre: “In futuro tutti saranno famosi per 15 minuti”. Un aforisma che mi è venuto in mente quando ho ideato la trasmissione a puntate ‘Vip a tutti i costi’. Effettivamente sembra che la profezia, naturalmente provocatoria, si sia realizzata. Anzi, si è ampliata. Perché i mezzi tecnici di cui disponiamo ora hanno favorito largamente la diffusione di questa mentalità. Warhol si riferiva, essenzialmente, al mondo della cultura, dell’arte, della musica. E in questo mondo la frase assumeva un valore per tanti aspetti critico, come è ovvio. Ma quella stessa frase nascondeva l’idea che prima o poi la mentalità di essere famosi a tutti i costi si sarebbe propagata a tutti. A tutti i cittadini, ricchi, poveri, belli o brutti. E ora ne siamo inondati. E’ un male? E’ un bene? E’ una domanda che bisogna porsi. Nessuno vuole negare, non diciamolo nemmeno, di concedere a tutti l’opportunità di avere successo. Ci mancherebbe altro. Più larga è la platea di chi può accedere alla celebrità tanto più una società si può dire libera e democratica. Ma diventa un male, uno dei mali forse maggiore della nostra società, quando in nome di una presunta celebrità, di una fama acquistata a poco prezzo si snaturano completamente tutti i canoni della nostra vita comune. Se anche nel mondo della cultura e dell’arte vale l’antico detto “simme tutti purtualle”, traduzione cafonesca di “Somos todos caballeros”, allora si producono soltanto ‘Cose dell’altro monte’. E così vi può capitare di vedere un vecchio filosofo che va in Tv con la barba lunga, la camicia sdrucita, i capelli arruffati che parla un po’ in italiano, un po’ in tedesco senza dire niente ma che però sembra proprio un filosofo… . Solo per fare un esempio tra i tanti che si possono fare. E poi c’è il luccicante mondo della politica (ma non era il luccicante mondo dello spettacolo?). E ormai tutti i politici di qualsiasi parte politica si lasciano convincere dai loro spin doctor che per avere consenso e voti devono fare qualcosa di strano, bizzarro, di eclatante. Quale che sia il prezzo da pagare in termini di dignità, serietà e moralità. La televisione da questo punto di vista è lo strumento migliore per raggiungere se non un quarto d’ora un paio d’anni di celebrità e poi scomparire. Intanto però milioni di persone sono state prese in giro da esibizioni degne del teatro di varietà, ma non certo di quel particolare teatro che è la politica, forse la più nobile delle attività umane. E’ la politica, infatti, che si occupa della vita di tutti. L’aspetto forse più grave è l’influenza psicologica negativa che la ricerca del quarto d’ora di celebrità sta avendo su tutte le persone comuni. C’è chi pur di essere famoso si ridicolizza provando a comparire in questa o quella trasmissione più o meno di successo. Umiliandosi fino al punto da deformare il suo stesso corpo. Il fenomeno è diventato eclatante, uno tsunami quando dalla tv di passa ai social network. I selfie e le storie sono veramente la buccia di banana su cui ormai tutti scivolano. La nostra società in fin dei conti concede veramente a tutti la possibilità di essere celebri per un po’. Ma con altrettanta facilità ti rigetta nel dimenticatoio. E sono tante, veramente tante le persone che non riescono a reggere psicologicamente all’oblio di una vita intera da vivere da persone normali. Insomma, è brutto che dopo aver fatto con grande fatica ‘cose dell’altro monte’, scoprire che ‘questo tieni di bello, niente’.