Tutto tace dal fronte del Governo sull’ex dossier Ilva: sindacati sul piede di guerra

Un doppio silenzio sia sulla cassa integrazione straordinaria, chiesta dall’azienda per 3mila lavoratori, sia rispetto alla partecipazione azionaria di Invitalia in Acciaierie d’Italia, su cui pesa il problema del dissequestro degli impianti dell'area a caldo dello stabilimento siderurgico

Foto Roberto Monaldo / LaPresse 07-11-2019 Roma Politica Camera dei Deputati - Informativa urgente del ministro Patuanelli su ex Ilva di Taranto Nella foto Protesta Lega Photo Roberto Monaldo / LaPresse 07-11-2019 Rome (Italy) Chamber of Deputies - Report by Minister of Economic Development on on the former Ilva plant in Taranto In the pic Protest by Lega party

ROMA – Tutto tace dal fronte del Governo sull’ex dossier Ilva. Un doppio silenzio sia sulla cassa integrazione straordinaria, chiesta dall’azienda per 3mila lavoratori, sia rispetto alla partecipazione azionaria di Invitalia in Acciaierie d’Italia, su cui pesa il problema del dissequestro degli impianti dell’area a caldo dello stabilimento siderurgico. Questa mattina infatti, la Fiom ha chiesto un incontro ai commissari di Ilva in amministrazione straordinaria. Ma i tempi stringono e si rischiano di non rispettare le scadenze previste dagli accordi sottoscritti con la multinazionale. Il 31 maggio infatti dovrebbero concludersi le clausole sospensive previste dall’accordo del 10 dicembre 2020, rivisitato a marzo del 2021, tra Ilva in as e Arcelor Mittal per garantire l’ingresso di Invitalia nel capitale sociale di Acciaierie d’Italia in quota di maggioranza al 60%. Prospettiva che però “sembra allontanarsi per evidenti criticita’ rispetto all’adempimento contrattuale delle clausole sospensive”.

Intanto, dopo il mancato accordo che ha segnato l’epilogo del tavolo tra Acciaierie d’Italia e sindacati lo scorso 28 marzo, dal Governo non è ancora arrivata la conferma dell’ammortizzatore sociale. Il 12 aprile il ministro del Lavoro Andrea Orlando aveva affermato che il decreto era in valutazione all’Inps, ma aveva anche tastato il terreno con Cgil, Cisl e Uil – incontrati in occasione di un tavolo sulla questione dei salari – chiedendo se ci fossero i margini e le condizioni per un nuovo round. Per ora però non sembra profilarsi all’orizzonte nulla di ufficiale. Qualche giorno prima, il 7 aprile, Fiom, Fim e Uilm avevano inviato a Orlando e al ministro allo Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti una lettera in cui, proprio a fronte dell’epilogo negativo dell’ultimo round con l’azienda, chiedevano “di conoscere l’esito della eventuale concessione dell’ammortizzatore sociale e di riprendere il confronto sul piano industriale dell’ex Ilva”.

Al momento “non abbiamo ricevuto risposte”, ha detto a LaPresse il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella. Nel mentre, nel sito tarantino “è in corso un ‘fuggi-fuggi’ di capi: un numero significativo di figure apicali – capi produzione e capi reparto – hanno cominciato a dimettersi perché non si sentono sicuri. L’azienda corre ai ripari con un piano di incentivazione sugli stipendi per farli rimanere”, afferma Palombella. E aggiunge: “nelle prossime settimane cercheremo di chiedere al Presidente del Consiglio, che sembra abbia incontrato l’azienda nelle scorse settimane, cosa vuole fare. Il Paese ha bisogno di acciaio e deve pensare all’ambiente e al lavoro”.

Punti essenziali, su cui già pesa la questione del dissequestro penale degli impianti dell’area a caldo, in assenza del quale – come denunciato stamattina dalla Fiom – non potrà concludersi l’iter sui futuri assetti societari, allontanando di fatto l’entrata di Invitalia nel capitale sociale di Acciaierie d’Italia. Un nodo che è essenziale sciogliere, ma su cui Palombella sembra scettico: “la closing dei fatti rischia di saltare: il termine previsto dalla magistratura per il dissequestro è fissato a maggio 2023, mentre – da accordi – l’ingresso di Invitalia è previsto per maggio 2022. I commissari straordinari hanno chiesto di anticiparlo, sostenendo di aver fatto il 90% delle migliorie necessarie, ma rimane comunque un 10% di non fatto che potrebbe essere un ostacolo significativo”.

Accanto, altre priorità, a partire dal completamento del piano di ambientalizzazione, “su cui siamo già a un a buon livello, ma si deve accelerare”, fino al necessario “aumento della produzione, in armonia con i parametri ambientali”. A metterle in fila ci pensa Roberto Benaglia, segretario generale Fim, sottolineando che, al netto del silenzio delle istituzioni, il vero tema su cui è vitale continuare a dialogare è che ora, nel momento in cui il “mercato acciaio è in ripresa, Taranto non sta cogliendo l’opportunità”. E allora, incalza il leader delle tute blu della Cisl, “il Governo deve dirci se intende lasciare la partita al prossimo esecutivo o se invece vuole far valere le sue prerogative, chiedendo conto all’azienda delle modalità di gestione”, rendendosi attivamente “responsabile” dell’investimento fatto in Acciaierie d’Italia. È intollerabile, chiosa, che “nel momento in cui tutto il mondo chiede acciaio e ghisa, Taranto trovi delle scuse”.

(LaPresse)

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