MILANO – Il conflitto Russia- Ucraina scontro di armi, ma anche guerra economica ed economia di guerra. Sanzioni, gas, petrolio, oro e tanto altro in gioco. A illustrare come è fatto questo ‘teatro di guerra’ economico e finanziario e gli scenari che comporta, intervistato da LaPresse è Davide Tentori, Research Fellow dell’Osservatorio Geoeconomia di Ispi.
“È un’invasione e un conflitto a cui, guardando in modo retrospettivo, la Russia dal punto di vista delle politiche economiche potrebbe essersi preparata di proposito negli scorsi anni. Il surplus nella bilancia dei pagamenti dovuti anche a un rialzo dei prezzi delle materie prime ha consentito alla Russia e al governo di Putin di aumentare in modo consistente le proprie riserve di valuta straniera. Tutto ciò affiancato a politiche fiscali abbastanza conservative, che hanno consentito di mantenere il rapporto debito/Pil a livelli piuttosto contenuti. E questo ha permesso alla Russia di potersi creare un cuscinetto fiscale finanziario per affrontare in maniera più solida la guerra, prevedendo che sarebbero state comminate delle sanzioni in risposta all’invasione dell’Ucraina”.
Ma non tutto era previsto dal Cremlino. “Quello che Putin probabilmente non si aspettava – spiega Tentori a LaPresse – era una risposta così compatta dall’Occidente. Quelle dell’Europa e degli Stati Uniti imposte nelle ultime due settimane sono sanzioni molto più intense e pesanti (come l’esclusione delle principali banche dal circuito Swift e il blocco di più della metà delle riserve di valuta stranerà), rispetto a quelle che Ue e Usa avevano imposto nei precedenti otto anni e che erano rivolte a settori economici molto limitati”.
“Il blocco delle riserve di valuta straniera ha avuto un impatto immediato- spiega l’esperto – facendo crollare il rublo del 30% nel giorno successivo e creando grossi problemi alla Banca centrale russa, che non ha potuto ricorrere alle riserve in valuta straniera, in particolare in dollari ed euro, e che quindi ha fatto fatica a sostenere il valore della propria moneta”. Questo con un impatto sulla capacità di Mosca di fare fronte ai propri impegni finanziari. Tentori lo spiega: “infatti nei giorni successivi ne è seguito il declassamento del credito sovrano della Russia da parte delle principali agenzie internazionali di rating, portandolo a livelli prossimi al junk (spazzatura). E cominciano a crescere in modo consistente le possibilità che la Russia vada in default tecnico, gia in occasione delle scadenze sul proprio debito”.
Ci sono poi le riserve russe in oro. “L’oro e gli altri metalli preziosi costituiscono in teoria un cuscinetto, una riserva preziosa, ma sono molto più difficili da liquidare rispetto alle riserve in valuta. Più difficili da utilizzare ad esempio per sostenere il valore del rublo”, dice Tentori. Poi c’è il fattore Cina. “Sul comportamento di Pechino nei confronti della Russia va detto che sicuramente negli ultimi anni i rapporti fra la Cina e Mosca sono cresciuti significativamente. Di pari passo è cresciuta la quota di risorse monetarie detenuta in Yuan, che ammonta attualmente al 15% circa. E non è dunque una componente fondamentale”, prosegue Tentori.
Per l’esperto dell’Ispi il sostegno indiretto da parte della Cina è tutto sommato limitato, e se crescesse sarebbe in una logica di maggiore dipendenza di Mosca da Pechino. “In prospettiva i rapporti economici fra Russia e Cina potrebbero aumentare ulteriormente ma vedendo la Russia in una posizione di debolezza, non fosse altro perché la Cina è dieci volte più grande della Russia, sia in termini di popolazione che economici, come dimostra il fatto che nel commercio bilaterale Mosca è in deficit rispetto a Pechino”, dice Tentori.
Ma l’effetto boomerang delle sanzioni sull’Occudente è uno dei rischi da considerare? Per Tentori “l’ impatto diretto delle sanzioni sull’Europa sarà sicuramente meno pesante rispetto a quello che le sanzioni provocheranno sull’economia russa, perché il valore delle esportazioni dall’Europa verso la Russia è piuttosto limitato. La Russia infatti pesa circa per il 2% dell’export dell’Ue. E se si guarda l’Italia il peso russo come destinazione delle nostre esportazioni è l’1,6%”.
Detto questo, le conseguenze per l’Europa e l’Italia purtroppo ci sono. “E – dice Tentori -si concentrano a livello dei costi energetici e dell’approvvigionamento di materie prime molto importanti sia a livello minerario, sia agricolo. Oltre alle turbolenze che si registrano sui mercati finanziari, come l’indebolimento dell’euro nei confronti sia del dollaro, sia del franco svizzero, dovuto direttamente alla svalutazione del rublo e a quello che le misure sanzionatorie stanno provocando a Mosca. Gli investitori si stanno spostando verso asset denominati appunto in dollari o franchi svizzeri, perché ritenuti come valute più sicure e come bene rifugio”.
Ci sono delle pressioni quindi sull’euro. “C’erano già delle incognite sulla ripresa, ma da due settimane le prospettive sono peggiorate, il rischio è un rallentamento della ripresa europea a causa dell’ inflazione elevata. – dice Tentori a LaPresse – . Inflazione che si prevede resterà alta nei prossimi mesi. L’aumento dei prezzi dell’energia e dei generi alimentari pesavano per più della metà e ora incidono ancora di più su questa dinamica inflattiva”, conclude l’economista.
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