BRUXELLES – Nell’Ue si lavora a un quinto pacchetto di sanzioni ma si è ancora lontani da un accordo sulle misure nel campo dell’energia. Al Consiglio Affari esteri il tema è stato sollevato, anche se non era il giorno per prendere decisioni. Su questo fronte gli Stati sono divisi, tra quelli apertamente a favore del blocco dell’import dei prodotti energetici russi, come i paesi baltici e l’Irlanda, e quelli che hanno detto espressamente che non voteranno provvedimenti simili, come il ministro degli Esteri ungherese, Péter Peter Szijjarto.
“Non sosterremo sanzioni che mettono a repentaglio la sicurezza energetica dell’Ungheria”, ha affermato. “La questione non è che ci siano uno, due o tre paesi contrari, ciò che dobbiamo fare è garantire che arriviamo con una risposta efficace, che non comporti un costo insostenibile per gli Stati membri”, ha rimarcato l’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell.
Probabile, dunque, che si proceda con un approccio graduale che magari coinvolga in un primo momento il petrolio e il carbone, più facilmente sostituibili. Il processo richiede una serie di passaggi e per questa settimana non è prevista l’adozione di un nuovo pacchetto, ha spiegato il capo della diplomazia Ue. Certo, molto dipenderà anche da quanto emergerà dal Consiglio europeo di giovedì, a cui prenderà parte anche il presidente Usa, Joe Biden, e dalle indicazioni che questo porterà da Washington.
L’Italia, con il ministro Luigi Di Maio, ha affermato che non porrà alcun veto sul quinto pacchetto e che attende le proposte della Commissione, mentre ha avanzato al Consiglio Ue l’iniziativa di avviare “tregue umanitarie localizzate in Ucraina”, con la richiesta di “un tavolo permanente con istituzioni come Unhcr e Croce rossa, al fine di individuare le aree più critiche dove costruire delle tregue umanitarie per evacuare i civili e per portare beni di prima necessità”, come quelle con la presenza di orfanotrofi e bambini.
Nell’intensa e affollata giornata brussellese, i ministri degli Esteri e della Difesa hanno dato il via libera alla Bussola strategica, il piano che indica le azioni da compiere per l’Ue nella politica di sicurezza e difesa. La strategia prevede di creare, “entro il 2025, una capacità di implementazione rapida dell’Ue, che consentirà il veloce dispiegamento di una forza modulare fino a 5000 soldati”. A tal fine saranno concordati “scenari operativi nel 2022” e “a partire dal 2023 regolari esercizi dal vivo contribuiranno alla prontezza e all’interoperabilità”.
La Bussola “non è una risposta all’ultimo sviluppo internazionale”, ha spiegato Borrell, ma alla necessità dell’Ue di coordinarsi meglio nella difesa. Basti pensare che nel suo insieme l’Ue spende quattro volte la Russia e una cifra simile alle spese militari della Cina. Solo che la cifra è divisa in 27 parti. Si tratta dell’1,5% del Pil, ma “non è abbastanza, dobbiamo spendere di più e meglio. Meglio significa evitare le lacune”, ha detto Borrell.
Mentre si cerca di prepararsi al futuro, a pochi chilometri dai confini Ue continua il fragore delle armi e la strage di civili. “Quello che sta accadendo a Mariupol è un enorme crimine di guerra, che distrugge tutto, bombardando e uccidendo tutti in modo indiscriminato. E’ un immenso crimine di guerra”, ha tuonato Borrell, “non è una guerra, è una distruzione di un paese contro ogni tipo di considerazione di legge, perché anche la guerra ha delle leggi”.
Guerra che significa anche conseguenze nell’agricoltura. Anche se, stando alle parole del ministro Stefano Patuanelli, per il momento non ci sono problemi di approvvigionamento. “Bisogna anche dare un segnale di tranquillità ai cittadini: non staremo con gli scaffali vuoti”, ha detto Patuanelli a margine del Consiglio Ue Agricoltura a Bruxelles. Mentre “c’è sicuramente un tema di aumento dei costi” e “un fattore evidente di difficoltà di garantire un reddito per gli agricoltori”.(LaPresse)