MILANO – La Russia ha tentato invano di impedire la riunione del Consiglio di sicurezza Onu sulla questione ucraina, indetta su proposta degli Stati Uniti, mentre Kiev aggiornava a 130mila il numero dei militari dispiegati da Mosca ai suoi confini. Una frenetica attività diplomatica prosegue attorno al timore che la Russia invada il Paese, dopo che nel 2014 ne ha annesso la Crimea.
Mentre l’incontro ad alta tensione retorica era in corso, il presidente statunitense Joe Biden l’ha definito “un passo fondamentale per invitare il mondo a parlare con una sola voce” contro l’uso della forza e a favore della diplomazia. Avvertendo anche, di nuovo, che gli Usa vogliono la pace ma, se Mosca attaccherà, “affronterà conseguenze rapide e gravi”: “Siamo pronti a ogni scenario”.
Sin dall’inizio un’azione formale del Consiglio Onu era considerata estremamente improbabile, visto il potere di veto russo e i legami del Paese con altri membri, tra cui la Cina. L’ambasciatore della Russia all’Onu, Vasily Nebenzya, ha ribadito che Mosca non intende invadere: “Il dispiegamento di truppe nel nostro stesso territorio” non significa che ci sarà “aggressione”, non c’è bisogno di “isterismo”.
Il presidente Vladimir Putin avrebbe dovuto parlare al telefono oggi con il premier britannico Boris Johnson, ma l’appuntamento sarebbe stato rinviato dopo la diffusione a Londra del rapporto sul ‘partygate’. Johnson e la ministra degli Esteri Liz Truss hanno programmato una visita a Kiev domani, per incontrare il presidente Volodymyr Zelensky. Londra ha anche fatto sapere di valutare un ulteriore dispiegamento militare nei Paesi dell’est europeo e minacciato dure sanzioni.
In agenda è anche il colloquio, domani, tra il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov e l’omologo statunitense Antony Blinken, dopo che i precedenti colloqui a Ginevra non hanno portato svolte. La riunione del Consiglio si è svolta perché la Russia ha chiesto il voto procedurale per bloccarla, ma non ha ottenuto i nove voti necessari per farlo.
Sinora la diplomazia ha portato pochi risultati, prima arenata sulla richiesta di garanzie dalla Russia come l’assicurazione che Kiev non possa aderire alla Nato, lo stop al dispiegamento di armi dell’Alleanza vicino ai suoi confini, che le forze alleate siano ritirate dall’est europeo. Per Nato e Usa, richieste inesaudibili. Giovedì Biden aveva parlato a Zelensky della “concreta possibilità” di incursione russa a febbraio, ma Kiev ha sminuito l’allarme e parlato del tentativo di Mosca di esercitare “pressione psicologica” e seminare il panico.
Domenica la commissione Affari esteri del Senato Usa ha fatto sapere che, in caso di attacco, i deputati vogliono “la madre di tutte le sanzioni” contro la Russia, con misure contro le banche e aiuti militari a Kiev. Si tratterebbe, apparentemente, di misure più severe di quelle del 2014, ampiamente considerate inefficaci. Di sanzioni ha parlato a Kiev anche il vice presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, che ha ipotizzato, se necessarie, di sanzioni “pesanti” a Mosca, difficili da “aggirare”.
In contemporanea, è stato segnalato l’ingresso di sei navi da guerra russe nel mar Mediterraneo, che sarebbero dirette al mar Nero: secondo Repubblica, trasportano 60 carri armati e 1.500 soldati. Sul loro passaggio nel canale di Sicilia lo Stato maggiore della Difesa ha parlato di un transito in acque internazionali, che non viola la sovranità degli Stati affacciati sul mare.(LaPresse/AP)