Il modello è quello del Next Generation. Il nuovo Patto di Stabilità sarà incentrato su piani nazionali concordati di rientro del debito di quattro o sette anni. Almeno nelle intenzioni della Commissione europea, che oggi ha scoperto le sue carte sulla riforma della governance economica. Dopo mesi di consultazioni con gli Stati il commissario Paolo Gentiloni ha presentato gli orientamenti dell’Esecutivo Ue per la riforma delle regole, ormai diventate anacronistiche e inapplicabili.
L’intento è quello di averne di nuove dal 2024, quando sarà finita la sospensione delle regole di rientro del debito decisa per la pandemia e prorogata per la crisi ucraina. Le vecchie regole decise dal Trattato di Maastricht del 1992, in particolare quella del rientro del debito in eccesso di un ventesimo l’anno e del limite del 60% ai livelli di debito-Pil, sulla carta rimangono, ma si prende atto dell’impossibilità di attuarle in un contesto del tutto cambiato. Ecco allora l’idea di introdurre un modello con dei piani nazionali di rientro del debito di quattro anni, prorogabili a sette, ma con margini per la crescita sul modello dei piani di ripresa e resilienza. Senza la necessità di dover cambiare i Trattati all’unanimità.
I percorsi saranno concordati dai singoli Stati con la Commissione europea, che fornirà una valutazione positiva se il debito è posto su un sentiero discendente o rimane su livelli prudenti e il disavanzo di bilancio rimane credibilmente al di sotto del valore di riferimento del 3% del Pil nel medio termine. Poi servirà l’adozione anche da parte del Consiglio sulla base delle valutazioni della Commissione. Non si parla più di cifre, almeno in questa fase di linee guida, “quello che conta è che ci sia un trend di riduzione del debito e penso che questa sia anche nell’interesse dei singoli paesi come l’Italia, che ci sia una tendenza credibile e plausibile di riduzione”, ha annunciato Gentiloni.
In sostanza, gli Stati membri avrebbero un maggiore margine di manovra per definire il loro percorso di aggiustamento di bilancio, rafforzando la titolarità nazionale delle loro traiettorie di bilancio. Un unico indicatore operativo – la spesa che è sotto il controllo del governo – servirebbe come base per definire il percorso di aggiustamento di bilancio e per effettuare la sorveglianza di bilancio annuale, semplificando notevolmente il quadro. Negli orientamenti non appare l’ipotesi di introdurre una “golden rule” per gli investimenti, specie su quelli verdi e digitali, ma di fatto con i piani nazionali si vuole garantire la crescita e gli investimenti pubblici.
In sostanza torna ad avere peso anche il secondo elemento della denominazione del Patto di Stabilità e Crescita, nel tempo dimenticato. Plaude il commissario Gentiloni: “Siamo riusciti a raggiungere un equilibrio credibile” sui diversi fronti: sostenere la crescita e rafforzare la sostenibilità del debito, rafforzare la titolarità nazionale e costruire un nuovo quadro comune, semplificare le nostre regole. La contropartita – per accontentare anche i falchi dei paesi poco indebitati – è che la Commissione eserciterà un controllo costante sugli impegni assunti di comune accordo con gli Stati e questi dovranno presentare relazioni annuali sullo stato di avanzamento dei piani.
Anche sul fronte delle sanzioni, che di fatto non sono mai state applicate finora, il cerchio si stringe. L’uso di sanzioni finanziarie diventerebbe più efficace con importi più bassi e ci sarebbero anche sanzioni reputazionali più forti, ad esempio gli Stati potrebbero essere chiamati a rispondere pubblicamente o davanti al Parlamento europeo del mancato rientro del debito. Non solo: i finanziamenti europei potrebbero essere sospesi se i paesi membri non hanno intrapreso azioni efficaci per correggere il loro deficit eccessivo, sull’esempio delle condizionalità macroeconomiche per i fondi strutturali e per il Pnrr.
La Commissione intende presentare la sua proposta legislativa, per cui non dovrebbe servire l’unanimità al Consiglio, già entro marzo. La discussione “non sarà semplicissima”, per dirla con l’ex premier italiano, “ma l’unità e il forte sostegno che ho visto nel Collegio dei commissari è un buon segnale sul fatto che si può lavorare sperando in un successo rapido”.(LaPresse)