Un materiale bidimensionale distrugge gli inquinanti PFAS

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Bonifica acque
Bonifica acque

Le sostanze perfluoroalchiliche, note con l’acronimo PFAS, sono una famiglia di composti chimici sintetici usati per decenni in prodotti di uso comune come rivestimenti antiaderenti, imballaggi alimentari e schiume antincendio. La loro popolarità industriale deriva da eccezionali proprietà di resistenza al calore, all’acqua e ai grassi.

Il problema principale di questi composti risiede nella loro stabilità. I legami carbonio-fluoro che li compongono sono tra i più forti della chimica organica, rendendoli estremamente persistenti. Una volta dispersi nell’ambiente, si accumulano nel suolo e nelle acque, entrando nella catena alimentare e guadagnandosi il soprannome di “inquinanti eterni” o “forever chemicals”.

Numerosi studi scientifici hanno collegato l’esposizione prolungata ai PFAS a seri effetti sulla salute, inclusi problemi al sistema immunitario, alterazioni endocrine e un aumentato rischio per alcune patologie. La loro rimozione dall’acqua potabile rappresenta una delle sfide più complesse per le attuali tecnologie di bonifica.

A dare una nuova speranza è una ricerca condotta da BeDimensional, azienda con sede a Genova, in collaborazione con il gruppo del professor Michael S. Wong della Rice University di Houston. Lo studio ha dimostrato l’efficacia di un materiale avanzato nel neutralizzare i PFAS in modo definitivo.

Il protagonista della scoperta è il nitruro di boro esagonale a pochi strati atomici (FL-hBN). Testato sotto irraggiamento con luce UVC, questo materiale ha mostrato una straordinaria capacità di rompere i resistentissimi legami carbonio-fluoro, degradando le molecole di PFAS in ioni fluoro e altri composti innocui, senza richiedere un grande dispendio energetico.

Uno degli aspetti più importanti è che il nitruro di boro agisce come fotocatalizzatore privo di metalli. Questa caratteristica lo rende una soluzione più sicura e sostenibile rispetto ad altre alternative, poiché evita il rischio di rilasciare nell’acqua residui metallici potenzialmente dannosi.

Nei test di laboratorio, il materiale ha raggiunto livelli di degradazione dell’acido perfluoroottanoico (PFOA), uno dei PFAS più noti, nettamente superiori a quelli di catalizzatori di riferimento come il biossido di titanio. Ha inoltre dimostrato un’elevata efficacia anche a concentrazioni molto basse di inquinante.

Questa ricerca apre scenari concreti per lo sviluppo di tecnologie di trattamento delle acque più pulite ed efficienti. Fino ad ora, le soluzioni si limitavano a filtrare e confinare i PFAS, senza distruggerli. La possibilità di spezzare i loro legami chimici segna un passo decisivo verso la bonifica su larga scala di falde acquifere e la purificazione dell’acqua destinata al consumo umano.

La collaborazione tra l’industria italiana e il mondo accademico statunitense conferma il ruolo strategico dei materiali bidimensionali nell’affrontare le grandi emergenze ambientali. L’obiettivo è ora sviluppare processi scalabili per applicare questa scoperta e ridurre l’impatto globale degli inquinanti persistenti.

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