Non bastava il fallimento del reddito di cittadinanza, quella forma di assistenzialismo clientelare che ha fatto le fortune elettorali dei 5 Stelle, soprattutto nel Sud Italia. E’ innegabile come buona parte del successo dei pentastellati, divenuti partito di maggioranza relativa in Parlamento, sia dovuto proprio all’elargizione di quel “sussidio” ad oltre un milione di persone, parte integrante dell’universo orrendo dei cosiddetti petenti che di mestiere fanno i disoccupati. Tutti ricorderemo come l’elargizione del “reddito” avrebbe dovuto operare di pari passo con la riforma del collocamento, così da trovare un posto ai senza lavoro, assistiti, nelle loro vicissitudini personali e burocratiche (durante la ricerca dell’impiego), da una nuova figura amministrativa: i navigator, giovani precari e come tali, a loro volta, illusi da una prospettiva di impiego stabile e statale. Che fine abbiano fatto questi ultimi, gli uffici di collocamento stessi ed i meccanismi di selezione veloce per l’avviamento al lavoro dei percettori del reddito, lo abbiamo potuto ben constatare in questi anni. I contribuenti, basiti, hanno dovuto, infatti, assistere all’ennesimo sperpero di danaro pubblico nel mentre un nugolo di neo parlamentari grillini si affacciava al balcone di palazzo Chigi per annunciare, urbi et orbi, la sconfitta della povertà. Secondo un noto aforisma popolare, al peggio segue il peggiore ed ecco, allora, una nuova alzata d’ingegno: il reddito di base universale, teorizzato da Beppe Grillo, alla vigilia delle amministrative di ottobre, come – testuali parole dell’ex comico genovese – un nuovo “diritto umano permanente ed incondizionato”. Ebbene, per mettere in pratica questo “umanesimo” fatto di mance statali per i fannulloni, occorre rendere disponibile il 30 per cento del PIL (prodotto interno lordo) annuo, ovvero impiegare un terzo della ricchezza prodotta dalla nazione. Ad occhio e croce, stiamo parlando di circa 600 miliardi di euro! La cifra dovrebbe essere erogata e garantita direttamente dalla Banca d’Italia che rischierebbe il default finanziario. Eppure non c’è chi non veda che effetto depressivo abbia avuto l’elargizione del reddito di cittadinanza sul lavoro e sulla disponibilità della manodopera. Settori trainanti come il turismo, la ristorazione, l’agricoltura, l’edilizia, l’artigianato ed il commercio, soffrono per la mancanza di manodopera e di apprendisti, subissati dalle richieste di lavoro sommerso dei titolari del reddito che non intendono certo perdere il comodo sussidio. Insomma, in un paese che vuole rilanciare la produttività e migliorare l’efficienza dei servizi, si incentivano sia il lavoro nero dei disponibili che le furbizie e lo sfruttamento dei datori di lavoro (che pagano poco e male). Ancorché in altre faccende affaccendati per tenere in piedi il terzo governo in tre anni, si è cercato di correre ai ripari affidando ai Comuni il compito di interpellare i beneficiari del reddito a rendersi disponibili per lavori socialmente utili, pena la perdita del beneficio. Per la serie: quello che non è riuscito a fare lo Stato, che sborsa i quattrini, lo si pretende dalle migliaia di municipi italiani, già in difficoltà per il cronico deficit di personale per lo svolgimento delle proprie funzioni. Parliamoci chiaro: non sono pochi coloro che hanno mentito per percepire il sussidio. Camorristi e migranti compresi. Figurarsi se i politici locali saranno in grado di applicare il precetto per chi violerà la norma! Calcoli elettorali ed insufficienze amministrative, soprattutto nel Mezzogiorno, saranno il dato distintivo di questa potestà delegata agli amministratori locali di quelle depresse zone dello Stivale. Quello che lascia allibiti i contribuenti e quelli che si guadagnano la vita lavorando o intraprendendo, è l’enormità della scempiaggine della proposta grillina, di come si possa continuare a sollecitare il “ventre molle” della nazione, i clienti ed i parassiti che lo popolano, per poter costruire un regime di corruzione morale su larga scala, un assistenzialismo sistematico che indichi ai giovani non il lavoro ma l’ideale del sussidio vita natural durante. Ancor più scalpore suscita il trasformismo dei grillini e di coloro che ne usano la forza politica in ogni sede istituzionale. Nato come movimento rivoluzionario ed anti sistema contro i privilegi delle caste, il M5S ha modificato la propria natura radicalmente senza suscitare scandalo alcuno. Non è dato sapere quali altri arzigogoli semantici e legislativi saranno adottati per realizzare un modello sociale tanto scellerato, di mera mortificazione della pubblica morale e della cultura del lavoro. C’è infine da chiedersi quanto potrà durare un regime nel quale impunemente i voti si comprano coi soldi di chi paga le tasse. Dovesse accadere sarebbe da erigere sul Colle del Quirinale un monumento all’artista Leopoldo Fregoli, il più grande trasformista italiano.