Un pianeta ricoperto di cemento

La natura scompare per far largo a strade e palazzi: territorio sempre più fragile

NAPOLI (Giuseppe Stanga) – La perdita di fertilità del suolo è uno dei principali processi di degradazione che minaccia la nutrizione ed è riconosciuto come uno dei problemi più importanti a livello globale per la sicurezza alimentare e la sostenibilità in tutto il mondo. Ieri, in occasione della Giornata mondiale del suolo, è stato diffuso il rapporto Ispra sul dissesto idrogeologico in Italia, con livelli di pericolosità e indicatori di rischio nell’edizione 2021. Lo studio evidenzia come in Italia continuiamo a perdere 2 metri quadri di suolo al secondo. Nel 2021 la media è stata di 19 ettari di suolo persi al giorno, vale a dire il valore più alto degli ultimi 10 anni. Il Wwf Italia lancia l’allarme: ad oggi 21.500 chilometri quadrati di suolo italiano sono cementificati e solo gli edifici occupano 5.400 chilometri quadrati, una superficie pari alla Liguria. Dalle produzioni agricole a quella del legname, dallo stoccaggio di carbonio al controllo dell’erosione, dall’impollinazione alla regolazione del microclima, dalla rimozione di particolato e ozono alla disponibilità e purificazione dell’acqua fino alla regolazione del ciclo idrologico, sono molteplici i servizi offerto dallo strato superficiale del pianeta.

ADDIO NATURA

Nonostante le sue funzioni importantissime, il suolo continua ad essere invaso, impermeabilizzato e cementificato a livelli impressionanti, tanto che il suo consumo viene considerato uno dei fenomeni più preoccupanti dei paesi sviluppati e, in particolare, del nostro. Come evidenziato nel Rapporto, il suolo perso in Italia dal 2012 ad oggi avrebbe garantito l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana che, restando sulle superfici impermeabilizzate da asfalto e cemento, non sono più disponibili per la ricarica delle falde, aggravando anche la pericolosità idraulica dei nostri territori che dal 2000 al 2019 ha causato 438 morti in Italia (Fonte CNR-Irpi).

BIODIVERSITA’

La distruzione dei suoli ha un impatto diretto sulla biodiversità. Ma non solo: il consumo di suolo comporta la distruzione e la frammentazione degli habitat naturali, con effetti significativi anche sulle specie. Secondo il Rapporto Ispra quasi il 45% del territorio nazionale risulta classificato in zone a elevata o molto elevata frammentazione. Tale processo contribuisce a rendere elevato il tasso di estinzione a scala globale, tanto che la frammentazione degli ambienti naturali è ritenuta tra le principali minacce alla diversità biologica. Riduce infatti la mobilità delle specie e lo scambio genetico, intaccando nel medio-lungo termine la vitalità delle popolazioni naturali e rendendole più suscettibili agli effetti negativi dei fenomeni locali. Il tutto, peraltro, in un momento storico in cui il riscaldamento globale porta le specie a spostarsi per cercare condizioni fisico-chimiche migliori: spostamenti che però, in presenza della frammentazione, diventano più difficili, se non impossibili Contestualmente la fittissima rete infrastrutturale fatta di strade, autostrade e ferrovie ad esempio, si traduce nell’aumento significativo della mortalità della fauna causata dagli impatti con i veicoli.

LEGGE AL PALO

Da ben dieci anni si attende l’approvazione di una legge contro il consumo di suolo, fenomeno che nel frattempo continua a crescere a ritmi forsennati, tanto che nel 2021 ha raggiunto il valore più alto dell’ultimo decennio, con una media di oltre 19 ettari al giorno. In occasione della Giornata mondiale del Suolo istituita dalla FAO per focalizzare l’attenzione sull’importanza di un suolo sano e per sostenere la gestione sostenibile delle sue risorse, Legambiente torna a chiedere a Governo e Parlamento di dare priorità alla lotta al consumo di suolo e all’abusivismo edilizio, all’indomani della tragedia che ha colpito l’isola di Ischia e i suoi abitanti. La proposta di legge sullo stop al consumo del suolo, il cui iter legislativo è iniziato nel 2012, è bloccata in Parlamento dal 2016: approvata dalla Camera dei deputati, prevedeva di arrivare a quota zero, cioè a non cementificare un metro quadro in più, entro il 2050. Una carenza normativa che fa il paio con la mancanza di un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, anch’esso in stallo dal 2018, che Legambiente auspica possa essere approvato entro la fine dell’anno, come preannunciato dal governo Meloni dopo la tragedia di Ischia.

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