Un nuovo studio del Transition Security Project ha messo in luce una dinamica allarmante: la corsa del Pentagono all’approvvigionamento di minerali critici sta prosciugando le risorse necessarie a sostenere le soluzioni per la crisi climatica, favorendo il militarismo e ostacolando la transizione energetica globale.
Il rapporto ha analizzato le scorte del Dipartimento della Difesa statunitense, evidenziando come enormi quantità di materiali essenziali per le tecnologie verdi siano state destinate a scopi militari. A seguito di recenti stanziamenti legislativi, la Defense Logistics Agency (DLA), l’ente che gestisce la catena di approvvigionamento per le forze armate, ha infatti accelerato la stipula di contratti per l’accumulo di questi elementi.
I dati sono eloquenti. Il piano della DLA prevede di stoccare quasi 7.500 tonnellate di cobalto. Questa stessa quantità avrebbe potuto produrre 80,2 GWh di capacità di batterie, più del doppio dell’attuale capacità di accumulo energetico installata negli Stati Uniti. Le riserve di cobalto e grafite messe da parte sarebbero state sufficienti per costruire quasi 100.000 autobus elettrici, un numero quindici volte superiore a quelli oggi in funzione nel Paese.
La strategia del governo statunitense nasce dal timore di una vulnerabilità delle catene di approvvigionamento, acuita dalla crescente competizione geopolitica con la Cina. Tuttavia, lo studio avverte che dare priorità alle esigenze militari non fa che alimentare lo scontro, distorcendo al contempo i percorsi necessari a realizzare un’efficace azione climatica.
Il Pentagono non è un semplice attore, ma un’entità in grado di plasmare interi mercati. Con un bilancio annuale che sfiora i mille miliardi di dollari (quasi il 40% della spesa militare mondiale), esercita un’influenza smisurata. La sua autorità gli consente di assorbire i rischi di mercato, indirizzare gli investimenti privati e creare segnali di domanda che definiscono la produzione industriale per decenni, orientandola verso fini strategico-militari.
Un’analisi dei finanziamenti pubblici ha mostrato che, solo dal 2023, il Pentagono ha finanziato o manifestato interesse per almeno 20 iniziative minerarie negli Stati Uniti e in Canada, per un valore complessivo di quasi un miliardo di dollari.
La conclusione del rapporto è netta: acquisendo questi materiali per alimentare la macchina bellica, il Dipartimento della Difesa sottrae le risorse indispensabili per affrontare le urgenze climatiche. Questa inversione delle priorità statali minaccia non solo il futuro del pianeta, ma anche la possibilità di realizzare una transizione energetica equa e giusta per tutti.





















