MILANO – Non solo migranti ma anche droga. Il presidente americano Donald Trump giustifica così i nuovi dazi imposti al Messico: fermare l’immigrazione illegale e l’ingresso della droga. A sorpresa infatti il tycoon ha annunciato nuove tariffe su tutti i prodotti di importazione messicana negli Stati Uniti che scatteranno il 10 giugno (al momento sono fissate al 5%). Una minaccia per costringere il paese ad affrontare il forte aumento dei passaggi di migranti al confine tra America centrale e Usa.
Le tariffe aumenteranno gradualmente fino al 25% “fino a quando il problema dell’immigrazione clandestina non sarà risolto”, ha avvertito Trump, che ha fatto della lotta ai migranti illegali uno dei punti di forza della sua presidenza e che ora si trova a dover affrontare una battuta d’arresto dopo che la giustizia ha bocciato la sua idea di costruire un muro alla frontiera.
Per aumentare la pressione, l’inquilino della Casa Bianca ha aggiunto il problema del traffico di droga, assicurando che il 90% dei narcotici che entrano negli Stati Uniti arrivano attraverso il Messico e il confine meridionale. “Il Messico deve riprendersi il controllo del proprio paese dalle mani dei signori della droga e dei cartelli. I dazi doganali fermeranno sia le droghe sia i migranti illegali!”, ha twittato il presidente. E snocciola i numeri: 800mila persone morte l’anno scorso, 1 milione sono state rovinate per colpa degli stupefacenti. “Questa cosa è andata avanti per molti anni e non è stato fatto nulla al riguardo. Abbiamo un deficit commerciale di 100 miliardi di dollari con il Messico” continua a cinguettare.
È tempo, dunque, per Trump, che le autorità messicane agiscano e intervengano, visto che si sono “approfittati degli Stati Uniti per decenni”. Di fronte all’attacco di Donald Trump, il presidente messicano Andres Manuel Lopez Obrador ha cercato di evitare qualsiasi escalation, assicurando di voler usare “molta diplomazia”. Già all’annuncio di giovedì sui dazi aveva chiesto un dialogo, indicando che non voleva uno scontro.
D’altra parte, però, “le misure coercitive non portano a nulla di buono” e di certo non fermeranno il processo di ratificazione del nuovo accordo commerciale tra Stati Uniti, Messico e Canada. Nel dettaglio, di fronte alla crisi migratoria, ha sottolineato Obrador, “stiamo facendo il nostro lavoro, senza violare i diritti umani”. In merito, venerdì ha inviato una delegazione a Washington per spiegare e difendere il suo piano d’azione per fermare l’immigrazione.
Il ministro degli esteri messicano Marcelo Ebrard è atteso venerdì a Washington per aprire i “colloqui”. “Questo trattamento del Messico è ingiusto e non ha alcun senso economico”, ha osservato ricordando che il Messico è stato il principale partner economico degli Stati Uniti. A partire da ottobre, decine di migliaia di centroamericani – principalmente provenienti dall’Honduras, dal Guatemala e da El Salvador – hanno attraversato il Messico con la speranza di recarsi negli Stati Uniti, a volte in gruppo. A marzo e aprile, il numero di migranti arrestati dopo aver attraversato illegalmente il confine con gli Stati Uniti ha superato le 100mila persone, secondo la polizia statunitense.