CASAL DI PRINCIPE – Erano già finiti sotto la lente delle Dda di Roma e Napoli: parliamo dei Tornincasa. L’antimafia della Capitale aveva avviato un’indagine tesa a colpire la rete di pusher attiva a Formia. E tra le persone coinvolte nel blitz, avvenuto il 24 maggio 2022, c’era anche Emanuele Tornicasa. La Direzione distrettuale partenopea, invece, rimanendo sul tema droga, nel 2020 ha incrociato la figura di Giuseppe Basco, ex esponente del gruppo Bidognetti e ora collaboratore di giustizia. E proprio Basco, secondo l’accusa, è stata vittima di un sequestro. Il motivo? Non aveva saldato un debito di droga. Tra coloro che organizzarono questo sequestro c’erano, secondo la Procura, sempre Emanuele Tornincasa e suo padre Antonio Tornincasa, 54enne originario di Arzano, ma trasferitosi nel sud pontino. In questa vicenda emerse anche un altro personaggio che fino a poco tempo fa, almeno alle cronache locali, appariva di scarso rilievo: Sergio Nicola Kader. Ed invece a novembre 2022, grazie al lavoro dei carabinieri e alle dichiarazioni dei nuovi pentiti, la Procura ne ha delineato un profilo criminale di assoluto rilievo: Kader non è un (presunto) malvivente qualunque, ma il capozona del gruppo Bidognetti sul Litorale. E per il clan, prima di finire in cella, si occupava della gestione delle piazze di spaccio a Castelvolturno, delle estorsioni e di usura. Kader, su istigazione di Tornnicasa, avrebbe cercato di convincere la moglie di Basco a ritrattare quanto aveva dichiarato nel processo (che si è svolto dinanzi alla Corte d’assise di Napoli) riguardante il sequestro di persona.
Dunque, erano finiti già sotto le lenti della Dda. E se oggi si torna a parlare dei Tornincasa è perché sarebbero stati pure in contatto con i Bardellino, operativi a Formia, e con esponenti del clan dei Casalesi. A raccontare ciò all’Antimafia partenopea è stato proprio Basco (che dai Tornincasa sarebbe stato sequestrato).
Nel 2019, ha riferito ai magistrati il pentito, fu inviato da Romolo Corvino e Vincenzo Di Caterino, detto ‘o piattaro, a casa del suocero di Emanuele Tronicasa, a Gaeta, tale Angelo Tarallo. “Mi sono presentato e ho detto che ero lì per prendere 2.000 euro a titolo estorsivo poiché gestivano la piazza di spaccio e dovevano una somma alle due persone che mi avevano mandato. Tornincasa mi disse che già dava 2.000 euro a settimana a Gustavo Bardellino per la droga e l’usura. Risposi che i soldi spettavano al clan Schiavone e a questo punto Tornincasa mi diede 2.000 euro, dicendomi che questa volta me li avrebbe consegnati, ma per i prossimi avrei dovuto portarli a Bardellino”. La somma arrivò a Casale. Basco racconta di aver incontrato Di Caterino e Corvino e dopo un po’ si presentò anche Bardellino. “Gustavo – ha continuato il pentito – disse: voi sapete che la mia famiglia è stata espulsa da Casale, qui non posso prendere i soldi delle estorsioni, quindi i 2.000 euro delle estorsioni mi devono essere consegnati a Formia e io vi faccio avere i 500 euro che vi spettano”.
Basco ha aggiunto che nello stesso giorno (tra il 26 e il 27 maggio 2019) si recò anche a casa di Bardellino, situata in via Conca: “Mi mise una mano sulla spalla dicendomi la seguente frase: ‘O con me o contro di me’. Io capii e risposi mettendogli la mia mano sulla sua spalla: ‘Io sono contro’. Mi diede 500 euro che portai a Di Caterino, che a sua volta li consegnava a suo zio Romo Corvino”. Se rispose ‘contro’, ha chiarito Basco ai magistrati, è perché lui, pur essendo stato assolto dall’accusa di associazione mafiosa, contestatagli nel 2017, era un affiliato ai Bidognetti. “Per venti giorni, il venerdì mi sono recato su richiesta di Tornincasa da Gustavo a portare i 2.000 euro che lui mi dava. In tutte le occasioni Gustavo trattenne l’intera somma e non mi ha più dato i 500 euro da portare a Corvino e Di Caterino”.
Gustavo Bardellino, il cugino Calisto, Di Caterino e Corvino sono indagati dalla Dda per associazione mafiosa: avrebbero stretto un patto non solo in relazione alla droga, ma, secondo la Dda, anche in altri settori, come quello immobiliare e delle auto (non sono coinvolti in questa inchiesta né i Tornincasa, nè Angelo Tarallo), Nel tracciare questo quadro, l’Antimafia si è concentrata anche sulla figura dello zio di Gustavo e Calisto, Antonio. Secondo quanto stabilito dai giudici del processo Sparatacus, il boss nato a San Cipriano nel 1945 sarebbe stato ucciso da Mario Iovine, su ordine di Francesco Sandokan Schiavone, nel 1988 in Brasile. Tuttavia, avvistamenti, intercettazioni, fotografie e testimonianze spingono gli inquirenti a ritenere che, se lo storico mafioso non è vivo adesso, molto probabilmente non è stato comunque assassinato 35 anni fa in Sudamerica.
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