Usura e riciclaggio di denaro della ‘ndrangheta: chiesto giudizio per 14

La procura di Firenze ha chiuso le indagini e chiesto il rinvio a giudizio per i 14 indagati dell'inchiesta 'Vello d'Oro', tra Calabria e Toscana

FIRENZE (LaPresse) – Usura e riciclaggio di denaro della ‘ndrangheta: chiesto giudizio per 14. La procura di Firenze ha chiuso le indagini e chiesto il rinvio a giudizio per i 14 indagati dell’inchiesta ‘Vello d’Oro’, tra Calabria e Toscana. Che ha messo in luce un giro di usura nel comprensorio del cuoio, nell’Empolese e nel Pisano. E che nel febbraio scorso ha portato all’emissione di 11 misure di custodia cautelare in carcere e 3 ai domiciliari. Ne danno notizia alcuni giornali locali. I reati contestati a vario titolo agli indagati sono associazione a delinquere, estorsione e usura. Ma anche riciclaggio e autoriciclaggio. Ad alcuni anche l’aggravante del metodo mafioso. Tra gli indagati figura anche Giuseppe Nirta, nipote e omonimo del boss della ‘ndrina ‘La Maggiore’ di San Luca (Reggio Calabria), ucciso nel 1995.

Firenze, l’indagine partita da una denuncia

L’indagine ha preso spunto da una denuncia per usura presentata nei confronti di Cosma Damiano Stellitano. Imprenditore calabrese trapiantato a Vinci il quale, a fronte di un prestito di 30mila euro, avrebbe preteso la restituzione, il giorno dopo, di 35mila euro. Con un tasso d’interesse del seimila percento su base annua. Dall’inchiesta sarebbe emerso un sodalizio criminale composto da membri delle famiglie calabresi Nirta e Barbaro, tra i quali Antonio Scimone, risultato, sempre secondo le indagini della procura fiorentina, al vertice di una rete di società ‘cartiere’, con sede anche all’estero, costituite ad hoc per coprire, attraverso fatture false e movimentazioni fittizie, ingenti movimenti di denaro proveniente da attività illecite, come lo spaccio di droga.

Queste società, secondo l’accusa, sarebbero state il mezzo con cui erogare prestiti a imprenditori in difficoltà del settore conciario: prestiti mascherati da acquisti di pellame utilizzati a loro volta dagli imprenditori, alcuni dei quali destinatari della richiesta di rinvio a giudizio, per pagare lavoro nero e al tempo stesso abbattere, attraverso le false fatturazioni, gli utili delle proprie aziende, scaricando sull’Erario il ‘costo’ del finanziamento illecito ottenuto.

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