ROMA – La norma del governo che istituisce il pass vaccinale non è chiara e non tutela la privacy dei cittadini, va modificata. Lo dice Pasquale Stanzione, presidente dell’Autority per la protezione dei dati personali. “Così com’è, la norma non circoscrive sufficientemente l’ambito di utilizzo dei pass. Con il rischio di interpretazioni, magari in buona fede, che però abbiano l’effetto di estenderne indebitamente il perimetro. Non vi è una chiara definizione dei protagonisti del trattamento (titolare e responsabile in particolare) necessaria invece, a tacer d’altro, per l’esercizio, da parte degli interessati, dei diritti loro riconosciuti dalla disciplina privacy. Inoltre, la previsione di due modelli diversi di pass a seconda che siano tampone negativo o da guarigione o, invece, da vaccino andrebbe sostituita dall’indicazione della sola scadenza temporale del certificato. Vanno poi introdotte garanzie adeguate alla natura dei dati trattati, che sono sensibili”, spiega.
Il governo non l’ha consultata quando ha scritto il decreto che prevede l’introduzione dei pass. Se l’aspettava? “È una questione di osservanza di norme, come quelle che impongono il parere obbligatorio, ancorché non vincolante, del Garante. A tutela tanto di un diritto di libertà, quale è appunto la privacy, quanto della stessa efficacia delle misure di contrasto della pandemia. Norme dall’ambito applicativo non ben definito, prive di una chiara indicazione dei soggetti responsabili e delle misure idonee a prevenire indebiti trattamenti dei dati, rischiano infatti di complicare, anziché agevolare l’azione di contrasto della pandemia”, risponde.
(LaPresse)