ROMA – Il tempo della pandemia “ha sconvolto il mondo e le nostre vite”, ma gli italiani, “la quasi totalità”, ha risposto con responsabilità e senso di comunità vaccinandosi. Sergio Mattarella ha ancora impresso nella mente il momento più buio della lotta al coronavirus, quando il Paese era in lockdown e il numero di vittime e contagi era un drammatico bollettino di guerra. “Cosa avremmo dato, in quei giorni, per avere il vaccino?”, si chiede il capo dello Stato parlando ai cittadini nel suo discorso di fine anno, ultimo del settennato. Ora che la scienza e la ricerca hanno consegnato al mondo – “molto prima di quanto si potesse sperare” – “uno strumento prezioso, non perché garantiscano l’invulnerabilità, ma perché rappresentano la difesa che consente di ridurre in misura decisiva danni e rischi, per sé e per gli altri”. “Sprecarlo”, è il monito, “è anche un’offesa a chi non l’ha avuto e a chi non riesce oggi ad averlo”.
Mattarella con decisione, seppur in modo garbato e gentile, bacchetta i no-vax, troppo esposti mediaticamente – come aveva sottolineato nel suo discorso alle alte cariche dello Stato – che non tengono conto delle vite salvate dai vaccini, riducendo di molto “la pericolosità della malattia”. “Basti pensare a come l’anno scorso abbiamo trascorso le festività natalizie e come invece è stato possibile farlo in questi giorni, sia pure con prudenza e limitazioni”, è la constatazione. Di fronte a questo zoccolo duro della lotta alla pandemia, l’inquilino del Colle ricorda le bare trasportate dai mezzi militari a Bergamo, il lungo isolamento in casa, le scuole serrate, uffici e negozi chiusi, “gli ospedali al collasso”. E torna a stringere idealmente le mani delle famiglie delle tante vittime: “Il loro lutto è stato, ed è, il lutto di tutta Italia”, rimarca. E il ringraziamento più sentito va “al patrimonio inestimabile di umanità, l’abnegazione dei medici, dei sanitari, dei volontari. Di chi si è impegnato per contrastare il virus. Di chi ha continuato a svolgere i suoi compiti nonostante il pericolo”.
Quella di Mattarella è stata una ‘mite crociata’ a favore dei vaccini, fin dall’inizio della pandemia. Anche nel discorso di fine anno del 2020 li aveva definiti “l’unica arma a difesa” del virus, annunciando agli italiani: “Io mi vaccinerò appena possibile, dopo le categorie che, essendo a rischio maggiore, debbono avere la precedenza. Vaccinarsi è una scelta di responsabilità, un dovere”. Il 9 marzo scorso, Mattarella allo Spallanzani di Roma ha ricevuto la prima dose del siero Moderna, come previsto per le persone della sua età. Nessuna procedura di favore, il presidente ha seguito passo passo quanto doveva essere fatto per prenotarsi, secondo le regole e le indicazioni della Regione Lazio. E lo stesso è avvenuto per la somministrazione e i 15 minuti previsti per l’osservazione del paziente prima di lasciare l’ospedale. A catturare il momento un’unica foto ufficiale, diventata un esempio per il Paese. Nello scatto, infatti, Mattarella è seduto tra i suoi coetanei che si vaccinano e altri che attendono il proprio turno, come un italiano qualunque. Il capo dello Stato ha completato il ciclo vaccinale il 6 aprile e il 4 novembre è arrivata anche la ‘dose booster’.
Mattarella è consapevole che non siamo ancora usciti dal tunnel dell’epidemia: “In queste ore in cui i contagi tornano a preoccupare e i livelli di guardia si alzano a causa delle varianti del virus – imprevedibili nelle mutevoli configurazioni – si avverte talvolta un senso di frustrazione”. Non dobbiamo tuttavia “scoraggiarci. Si è fatto molto”, è l’incoraggiamento. L’Italia può farcela, ne è certo il capo dello Stato, che per il suo ultimo saluto agli italiani, sceglie, non a caso, due parole chiave: fiducia e speranza.
di Donatella Di Nitto