ROMA – Il premier Mario Draghi prende tempo e rimanda il caso diplomatico tra Vaticano e Italia sul ddl Zan nelle sedi più appropriate: Camera e Senato . “E’ una domanda importante, domani sarò tutto il giorno in Parlamento, me lo chiederanno sicuramente e risponderò in modo più strutturato di quanto potrei fare oggi”, scandisce rispondendo a una domanda dei giornalisti al termine della Conferenza stampa a Cinecittà, dove ha incontrato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
L’iniziativa del Vaticano di chiedere al governo di modificare il progetto di legge a firma del deputato dem, Alessandro Zan, entra a gamba tesa nei rapporti diplomatici tra Italia e Santa Sede e travalica anche i confini nazionali, chiamando in causa anche anche Von der Leyen: “Si tratta di una bozza di legge e noi non discutiamo mai le bozze”, ma “i trattati europei sono molto chiari nell’articolo 2, di proteggere la diversità e la dignità di ogni singolo essere umano e di proteggere la libertà parola insieme ad altri valori, e trovare l’equilibrio è compito dell’Unione europea”.
La linea del Vaticano
Insomma il terreno è scivoloso e la risposta alla nota verbale della Santa Sede spetta proprio all’esecutivo di Mario Draghi. Secondo la segreteria di Stato Vaticano, la proposta di legge violerebbe “l’accordo di revisione del Concordato”. A muoversi, scrive il Corriere della Sera, sarebbe stato monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, che lo scorso 17 giugno si sarebbe presentato all’ambasciata italiana presso la Santa Sede e avrebbe consegnato nelle mani del primo consigliere una “nota verbale”, una comunicazione formale preparata in terza persona e non firmata. Nel documento le preoccupazioni della Santa Sede: “Alcuni contenuti attuali della proposta legislativa in esame presso il Senato – recita il testo – riducono la libertà garantita alla Chiesa Cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato”.
Il Concordato
Il tema è incandescente, e riporta in superficie gli attriti tra Lega e Partito democratico, alleati nel governo ma avversari in commissione Giustizia in Senato. Enrico Letta sente Luigi Di Maio, il ministro degli Affari esteri, e apre: “Noi aspettiamo di leggere il testo della lettera, ma rimaniamo convintamente a sostegno del Ddl Zan. Naturalmente siamo aperti a valutare i nodi giuridici”. Il leader del Carroccio non alza invece il tiro e, dopo aver ringraziato il Vaticano, “per la presa di posizione netta e perentoria” perché “la famiglia tradizionale non si tocca”, tende la mano al capo del Nazareno e lo invita a incontrarsi, “anche domani, per garantire diritti e punire discriminazioni e violenze, senza cedere a ideologie o censure, e senza invadere il campo di famiglie e scuole”.
L’apertura del segretario dem chiama in causa Andrea Ostellari, presidente della commissione giustizia a palazzo Madama, che rilancia: “La mia proposta è sempre valida. Riuniamo i presidenti dei gruppi del Senato e i capigruppo in commissione e sediamoci a un tavolo. Le audizioni si possono ridurre. Inauguriamo, finalmente, una fase di confronto, leale e costruttivo. Letta dia seguito a questa apertura e il Pd si sieda al tavolo”.
La politica
L’azione del Vaticano fa storcere comunque il naso nei palazzi della politica, tra chi questa legge l’ha sostenuta. La pensano così i 5Stelle che difendono il ddl come “una questione di dignità e di tutela dei diritti della persona” e rimandano al Parlamento che “procederà mantenendo la propria autonomia per arrivare al più presto a una legge che sia largamente condivisa, nel rispetto di tutte le diverse sensibilità del Paese”.
Sulla stessa linea Marco Furfaro, Maria Pia Pizzolante e Nicola Oddati della direzione nazionale PD: “Quando si approva una legge che incide sulla vita delle persone, combatte le discriminazioni e procede verso una maggiore civiltà è giusto ascoltare tutte le istanze ma ora è necessario che il Parlamento avanzi senza indugio per approvare una legge che il Paese aspetta da troppo tempo. Non si può arrivare sempre in ritardo con la storia, perché in questo caso riguarda la vita delle persone”.
(LaPresse/di Donatella Di Nitto)