CARACAS – Dopo il clima da guerra fredda dei giorni scorsi tra Stati Uniti e Russia, giocato sullo scacchiere venezuelano, un colloquio telefonico di quasi un’ora e mezza tra i due nemici/ex ‘amici’ Donald Trump e Vladimir Putin tenta un riavvicinamento delle due superpotenze. Una conversazione “lunga e molto buona”, secondo lo stesso Trump, mentre solo martedì Washington aveva accusato Maduro, che gode del sostegno russo, di essere stato pronto a imbarcarsi su un volo per l’Avana e, nella versione del segretario di Stato americano Mike Pompeo, se non l’ha fatto è stato solo perché “i russi hanno detto che doveva restare”. Un’accusa respinta come menzogna da Mosca, che ha accusato l’amministrazione Usa di sostenere un colpo di Stato “che non ha nulla a che fare con la democrazia”. La Russia ha buone ragioni per appoggiare Maduro: se se ne andrà, la Russia perderà uno dei suoi rari alleati nel continente e miliardi di dollari di contratti o investimenti, principalmente in idrocarburi e armi. Putin ha quindi rimarcato a Trump che spetta ai venezuelani definire il futuro del loro paese e che le interferenze esterne e i tentativi di cambiare il potere con la forza minano le possibilità di una soluzione politica alla crisi. Insomma, Mosca ha ribadito il no all’intervento militare ventilato da Trump e rilanciato dal ministro della Difesa ad interim Patrick Shanahan, dopo aver avuto un incontro coi vertici del Pentagono e il consigliere alla sicurezza nazionale John Bolton. “Abbiamo una serie completa di opzioni adatte a determinate circostanze”, ha rimarcato, “tutte le opzioni” sono sul tavolo; “tutte significa tutte, voglio evitare di entrare nei dettagli di ciò che potremmo fare o non fare”. Intanto, l’autoproclamato presidente ad interim Juan Guaidò, sostenuto dagli Usa, dopo il tentativo fallito di rivolta di martedì, ha invocato via Twitter tre giorni di mobilitazione: venerdì “assemblee in tutto il paese” per stabilire le prossime iniziative, sabato manifestazioni “pacifiche” davanti alle principali basi militari, le roccaforti del consenso maduriano, “perchè aderiscano alla costituzione”, e domenica “veglia e preghiera per i martiri e la libertà”. In seguito alle proteste, dal 30 aprile almeno 240 persone sono state arrestate e 5 manifestanti sono stati uccisi, di cui tre minorenni. Guaidò anche ha invitato tutti i settori produttivi a organizzare un giorno di sciopero o di protesta la prossima settimana. Non potrà forse essergli molto di aiuto il suo sponsor e alleato Leopoldo Lopez, liberato dagli arresti domiciliari e rifugiatosi giovedì nell’ambasciata spagnola a Caracas, su cui pende un ordine di cattura. “La Spagna non permetterà che la sua ambasciata diventi un centro per l’attivismo politico”, ha detto il ministro degli Esteri Josep Borrell, sottolineando che il governo “limiterà” le attività politiche del leader venezuelano dell’opposizione, che ha subito usato la residenza diplomatica per convocare sciami di giornalisti. “D’ora in poi – ha promesso Borrell – ciò sarà regolato”.
Venezuela, Guaidò invoca 3 giorni di mobilitazione
Intanto prove di disgelo Trump-Putin