ROMA– Carmen, Anna, Luljeta. Roberta, Victoria. Sono sono alcune delle donne che nel 2021 hanno perso la vita in Italia per mano di chi diceva di amarle. Nel nostro Paese, secondo i dati forniti dal Viminale lo scorso 15 novembre, nel 2021 sono state 103 le donne vittime di omicidio. Di queste, 87 sono state uccise in ambito familiare e 60 hanno trovato la morte per mano del partner o dell’ex compagno. Dati che non tengono conto degli ultimi fatti di cronaca. Solo nel Modenese, infatti, nei giorni scorsi ci sono state due tragedie: quella di Sassuolo, dove un uomo ha ucciso a coltellate la moglie, i figli e la suocera e poi si è tolto la vita, e quella di Montese, dove un’anziana è stata ammazzata dal marito. “Quello della violenza contro le donne continua ad essere un fenomeno che resiste nel tempo, a differenza di altri reati”, sottolinea Valeria Valente, senatrice Pd e presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, intervistata da LaPresse.
“Il problema vero è come la società legge la violenza”, prosegue Valente. “La sfida cambiare il modo in cui la società vede la violenza maschile contro le donne che, spesso, vengono colpevolizzate, come se si dovessero sentire in parte ‘responsabili’ di quanto accaduto”, spiega. La società chiede alla donna di “essere conciliante”: così, ogni volta “che prova a ribellarsi e subisce violenza, viene bollata come una che un po’ ‘se l’è cercata’”, continua Valente che sottolinea come, al contrario, nei confronti dell’uomo ci sia “un atteggiamento parzialmente comprensivo e giustificativo nei confronti dell’uomo, chiamato dalla società a comportarsi in maniera virile. Bisogna proprio cambiare registro e iniziare a credere alle donne”.
Per sensibilizzare sul tema l’opinione pubblica, nel 1999 è stata istituita dall’Onu la ‘Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne’, il 25 novembre. “L’auspicio è che non sia vissuta come un ennesimo rituale ma che interroghi tutti – istituzioni, politici, operatori e ‘mondo dei saperi’ – su cosa ancora non funziona nel nostro sistema sociale e strutturale, anche di risposta istituzionale”, prosegue Valente che annuncia, per giovedì 24, la presentazione in Senato di un lavoro di inchiesta, realizzato dalla Commissione che presiede, su tutti i femminicidi avvenuti in Italia nel 2017 e nel 2018. “Abbiamo analizzato i casi a partire dalle indagini: dalla prima denuncia, se c’è stata, fino alla morte della vittima, cercando di capire cosa continua a non funzionare”, spiega la senatrice.
“Il dato più interessante che è emerso – secondo Valente – è il fatto che oggi le donne fanno fatica ad uscire dai percorsi di violenza. Anzi, spesso hanno difficoltà a raccontare quello che stanno subendo, persino a un’amica. Dobbiamo fare in modo che ritrovino la fiducia, prima ancora che nelle istituzioni, nelle loro relazioni interpersonali”. A chiarire questo meccanismo psicologico, Daniela Chieffo, responsabile dell’Unità operativa semplice UOS di Psicologia Clinica Fondazione Policlinico Universitario ‘A. Gemelli’ di Roma che, intervistata da LaPresse, spiega come talvolta a condizionare le vittime ci sia “anche un senso di vergogna che le porta a non confidarsi”. “Il problema – spiega – è il senso di inferiorità che si prova ad ammettere di essere una vittima. Spesso queste donne devono arrivare a un punto di rottura: quando finiscono al pronto soccorso o quando è a rischio l’incolumità dei figli scatta in loro qualcosa che le spinge a chiedere aiuto”.
di Giusi Brega