15 anni fa ci salutava Freddie Hubbard: “Per chi l’ha visto e per chi non c’era.”

Perché scrivere articoli e approfondimenti sulla musica, in un momento storico come questo?

Potrebbe sembrare inutile, e anche fuori tempo, in un mondo nel quale i mass media, hanno quasi tutti abdicato, questo tipo di comunicazione, profilando le loro scelte sull’altare della semplificazione, e modellando i loro contenuti in base ai gusti che gli algoritmi ritengono più affini alle ricerche che il pubblico, le persone, fanno su internet.

In questo scenario, la vecchia terza pagina, anche nei grandi media nazionali, è prima scivolata sempre più in fondo, e poi è stata lentamente ridotta in termini di spazio e di importanza.

Freddie Hubbard Rochester N.Y. 1976 – ph.Tom Marcello Webster, New York, USA 

La radio dal canto suo, tranne rari casi, si è ritagliata un ruolo di anonimo sottofondo, o viene utilizzata per proporre contenuti a carattere calcistico, rivolti nella maggior parte dei casi, ai tifosi appassionati di questo gioco.

La televisione invece è scivolata negli ultimi 25 anni, in una sorta di girone infernale nel quale i reality show, fanno a gara con i talent e le fiction turche, per contendersi, pezzi di share sempre meno significativi.

Le conseguenze sono state inevitabili: il pubblico privo di una guida fornita da radio, giornali e televisione, e bombardato dalle mille proposte effimere del web, ha abbassato via via la sua capacità di consapevolezza, mentre il livello culturale medio della nostra nazione scivola sempre più.

I dati sono chiari: in Italia, solo il 20,1% della popolazione tra i 25 e i 64 anni possiede una laurea, rispetto al 32,8% della media europea. La quota di popolazione con almeno un diploma è del 62,9%, contro il 79,0% della media dell’ Unione Europea. Questo divario è particolarmente evidente nelle regioni del Mezzogiorno, dove i livelli di istruzione sono inferiori rispetto al Nord e al Centro Italia.

La partecipazione degli italiani a eventi culturali come teatro, concerti e balletti classici è inferiore alla media europea, stesso discorso, per quanto riguarda la formazione continua, che in Italia è inferiore alla media europea, con differenze più marcate tra la popolazione disoccupata o con bassi livelli di istruzione.

Nelle case degli italiani, sono quasi sparite le librerie, l’istruzione e l’informazione sono sempre più demandate ai contenuti digitali

Le ricerche degli studenti sono spesso realizzate utilizzando motori di ricerca o enciclopedie online, spesso prive di risultati verificati e verificabili.

Ecco perché, come direbbe Fabrizio De Andrè, con il supporto e lo spazio di questa testata, proponiamo “In direzione ostinata e contraria” articoli e studi sul mondo del jazz, della musica classica, delle arti visive e figurative e della comunicazione.

Cercando di proporre, nei nostri limiti, con onestà lavoro e pazienza, argomenti, spunti di riflessione, o semplicemente come oggi, ricordando le gesta e la biografia di Freddie Hubbard.

Si tratta di un musicista fenomenale, amato dagli appassionati di jazz, che speriamo di proporre a chi è meno addentro a questa musica, come esperienza di ascolto.

Ci auguriamo, anzi, vi invitiamo a leggere il nostro piccolo studio e magari vi invitiamo a ascoltare anche con l’ausilio dei link che vi proponiamo la musica di questo straordinario artista

Ma procediamo con calma…

Freddie Hubbard, è nato 7 aprile 1938 e ci ha lasciati il 26 novembre di 15 anni fa. É stato uno dei più influenti trombettisti nella storia del jazz. Con una carriera che ha attraversato oltre quattro decenni, Hubbard ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo della musica con il suo stile potente e innovativo.

Wes Montgomery a metà degli anni ’60 in una foto pubblicitaria dela Verve con la Gibson L-5

Nato a Indianapolis, Indiana, Hubbard ha iniziato a suonare la tromba in giovane età, Intorno ai 23 anni, ha iniziato la sua carriera professionale suonando con Wes Montgomery registrando l’album  “Fingerpickin’” del 1958, che segna il suo debutto discografico.

Il disco, è stato  registrato in due sessioni: il 30 dicembre 1957 a Indianapolis, Indiana, e il 22 aprile 1958 a Los Angeles, California. Un lavoro importante che ha influenzato e non poco il mondo dei chitarristi jazz. A quella registrazione parteciparono diversi musicisti interessanti come: Waymon Atkinson e Alonzo Johnson al sassofono tenore, Joe Bradley al pianoforte, Paul Parker alla batteria, e i fratelli di Wes Montgomery, Buddy al vibrafono e Monk  Montgomery al basso.

Rara Fotografia di William ‘Monk’ Montgomery,in tournée con Lionel Hampton e la sua orchestra, Svezia, 1953. Qui con un Fender Precision Bass. Fonte originale: rivista Estrad, ottobre 1953.

Successivamente Hubbard, registra nel 1961 “The Montgomery Brothers” insieme ai fratelli Montgomery, un album noto per il suo stile cool jazz e bop, attraverso anche il quale, il suo nome comincia a circolare tra i musicisti e gli appassionati.

Un sodalizio importante quello tra Hubbard e Wes Montgomery, che ha avuto un impatto significativo sul trombettista, permettendogli di esplorare nuove sonorità e tecniche.

Dopo essersi trasferito a New York City nel 1958, ha rapidamente guadagnato notorietà suonando con alcuni dei più grandi nomi del jazz, tra cui Sonny Rollins, Eric Dolphy e Art Blakey.

Sonny Rollins, 22-07-2005 durante il Festival Jazz à Juan (Costa Azzurra), prima della sua esibizione. Ph Yves Moch – Opera propria

La sua abilità tecnica e la sua capacità di improvvisazione lo hanno reso un membro ricercato in molte formazioni, negli anni ’60, Hubbard ha registrato una serie di album di successo per l’etichetta Blue Note, tra cui “Open Sesame” (1960) e “Ready for Freddie” (1961). Ha anche collaborato con artisti leggendari come John Coltrane, Herbie Hancock e Wayne Shorter. Uno dei suoi album più celebri, “Red Clay” (1970), è considerato un capolavoro del jazz fusion.

Vi consigliamo vivamente di ascoltare questo album, nel quale Hubbard, nel brano “Delphya” insieme a Joe Henderson: sassofono tenore, Herbie Hancock: pianoforte elettrico, organo Hammond, Ron Carter: basso e Lenny White alla batteria, nelle sue citazioni, a un certo punto, introduce nel suo assolo, un omaggio a Domenico Modugno, suonando alcuni passaggi di: “Nel blu dipinto di blu”

Hubbard è noto per il suo suono potente e la sua capacità di fondere diversi stili musicali, dal bebop all’hard bop, fino al jazz fusion. La sua tecnica impeccabile e la sua creatività hanno influenzato generazioni di trombettisti e musicisti jazz.

Nel corso della sua carriera, Hubbard ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui un Grammy Award nel 1972 per la sua performance in “First Light”. La sua influenza nel mondo del jazz è ancora evidente oggi, e la sua musica continua a essere apprezzata da appassionati e musicisti di tutto il mondo.

Freddie Hubbard ci ha lasciati il 26 novembre 2008 a Los Angeles, California, donandoci un’eredità duratura come uno dei più grandi trombettisti nella storia del jazz.

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