GENOVA – “Non è una macchina che ha investito un pedone. Si tratta di un disastro dovuto al crollo di una struttura importante”. A Francesco Cozzi serve tempo. Perché l’indagine è complessa, delicata. “Ora non posso darvi risultati sommari”. “Si possono fare i processi sensazionali, dire che ci sono 20 indagati”. Ma non è questo il caso. Nessuno spot, nessun grido per riempire le pance di forcaioli.
Il nodo abbattimento
“La commissione d’inchiesta – ha spiegato il procuratore in conferenza stampa – ha a disposizione un consistente e significativo numero di reperti che danno indicazioni utili dal punto di vista dell’accertamento del cause del crollo. C’è una massa di elementi repertati, catalogati che forniscono indicazioni interessanti”.
Le indagini non sono in alto mare, anzi. Ma non è ancora il momento di parlare di inquisiti. “Non so se ci varrà una settimana o quindici giorni”. Mentre gli investigatori sono al lavoro per accertare il perché della tragedia, c’è il pericolo che ciò che resta del ponte Morandi venga giù. “Quando ci verrà detto che c’è esigenza di abbatterlo allora procederemo al dissequestro. Per ora non è arrivata alcuna richiesta da parte dell’autorità. Noi siamo pronti. Ma vogliamo che l’abbattimento avvenga subito dopo l’esecutività del provvedimento. Non devono esserci tempi morti. Oggi dissequestriamo e il giorno dopo si abbatte. Dico un giorno – ha spiegato Cozzi, – ma è indicativo”.
No alle interferenze ‘esterne’
E sulla possibilità che altri indaghino sul caso, presentandosi sul luogo del disastro, il procuratore di Genova è stato netto: “Non possiamo tollerare interferenze di privati”.
Collaborazione. Chi indaga, ha spiegato Cozzi, non ha assolutamente intenzione di trincerarsi dietro il proprio ruolo. Ma serve parlare, confrontarsi con la commissione del Mit, con il sindaco e con le altre istituzioni per fare in modo che ognuno comprenda quale sia il proprio campo d’azione. “Gli accessi sul luogo devono avere richieste specifiche. Non diremo sì a tutti.”