Strage di via D’Amelio, perquisizione ‘in differita’ nella casa di Palazzolo. Il Ministro Bonafede vuole verifiche sull’operato dei pm

Aveva scritto della chiusura delle indagini sui tre poliziotti che avevano ‘diretto’ false accuse che depistarono le indagini sulla strage di via D’Amelio. Palazzolo lo aveva fatto prima dell'ufficialità delle notifiche ai rispettivi legali

Foto Alberto Lo Bianco/LaPresse17-08-2018 Palermo - ItaliaCronacaPalermo, funerali di Rita Borsellino al Don Orione in via Ammiraglio Rizzo: il feretro di Rita Borsellino esce dalla chiesa, commozione ed applausiNella foto: il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede

ROMA – Dopo la perquisizione nell’abitazione del giornalista Salvo Palazzolo, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede vuole vederci chiaro. Perché esiste una normativa che tutela l’operato dei giornalisti e alcuni precedenti, anche internazionali, che non ammettono interpretazione. Palazzolo è stato indagato per rivelazione di notizie.

I fatti

È accaduto dopo che nel marzo scorso con un suo articolo aveva parlato della chiusura dell’indagine sul questore Mario Bo e sugli ispettori Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Sono questi i nomi dei poliziotti che, secondo la procura di Caltanissetta, hanno diretto le false dichiarazioni di Vincenzo Scarantino, accuse che avevano finito per depistare e dunque rallentare le indagini sulla strage di via d’Amelio.

I tre appartenenti alle forze dell’ordine sono accusati dunque di calunnia e dovranno rispondere al giudice in prima udienza il prossimo 20 settembre. Da quell’articolo è nata l’indagine su Palazzolo. I pm di Catania, infatti, hanno contestato al giornalista di aver scritto dell’avviso di conclusione delle indagini tre ore e mezza prima che i difensori degli stessi poliziotti ne ricevessero la notifica ufficiale.

Le indagini successive e i provvedimenti

Sono così partite le indagini poi culminate, come detto, nella perquisizione dell’abitazione del cronista. A seguito delle verifiche delle forze dell’ordine si è proceduto anche al sequestro di un cellulare, di un tablet e di tre hard disk.

I punti interrogativi che hanno ‘allertato’ il Ministro Bonafede

Ora la questione è diventata un’altra. Perché la perquisizione è scattata ben sei mesi dopo la pubblicazione dell’articolo? L’obiettivo sembrerebbe infatti risalire all’eventuale fonte di Palazzolo e, se così fosse, i tempi sarebbero completamente sballati, perché il provvedimento è arrivato con un inspiegabile ritardo. Una perquisizione ‘in differita’. Bisogna aggiungere che è l’ordinamento europeo a non consentire ai giudici di ordinare perquisizioni negli uffici e nelle abitazioni dei giornalisti per reperire prove sulle loro fonti. Con questi due elementi, dunque, il quadro diventa complesso e si comprende il perché Bonafede abbia chiesto verifiche specifiche sul caso.

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