Camorra e appalti. Angelo Grillo, l’imprenditore dei Belforte, e le segnalazioni dei politici

Confrontarsi con colletti bianchi o con ras dei Mazzacane per Angelo Grillo era la stessa cosa. Affrontava entrambe le categorie con uguale disinvoltura. E diversi sarebbero stati i politici che gli hanno chiesto ‘favori’.

MARCIANISE – Imprenditore e camorrista. Angelo Grillo a stento parla l’italiano: rozzo nei modi e nell’approccio col prossimo. Ma le imprese e il denaro lo hanno messo in condizione di trattare ‘da pari’ con politici e mafiosi. Prima di finire in carcere è stato un uomo d’affari versatile: confrontarsi con colletti bianchi o con ras dei Mazzacane per lui era la stessa cosa. Affrontava entrambe le categorie con uguale disinvoltura. E diversi sarebbero stati i politici che gli hanno chiesto ‘favori’. Alcuni, totalmente ignari di chi fosse realmente Angelo Grillo, gli hanno raccomandato persone da assumere nelle sue ditte.

Le raccomandazioni

“Io fui segnalato all’epoca dall’onorevole Squeglia (Pierino, nda.)”. A rivelarlo in aula, ieri mattina, è stato un teste citato dall’avvocato Raffaele Crisileo nel processo a carico del colonnello Angelo Piscitelli. Con l’ufficiale in congedo dell’Esercito ci sono a giudizio anche Pio Affinita, già dirigente comunale, Ernesto Savinelli, ex vicesindaco ed assessore, rappresentati dagli avvocati Raffaele Carfora e Italo Madonna, Raffaele Caduco e Pasquale Valente,  assistiti dai legali Emilio Russo e Francesco Nacca. Gli imputati sono accusati a vario titolo turbativa d’asta, corruzione, falso e sfruttamento della prostituzione. Al centro dell’iter giudiziario c’è l’appalto per il servizio di igiene urbano del comune di Santa Maria a Vico.

La testimonianza di Finelli

Antonio Finelli, commercialista,  ha iniziato a lavorare presso la Cesap, società di Grillo, dagli inizi degli anni Duemila. Ad introdurlo nell’impresa del marcianisano sarebbe stato Pierino Squeglia (non indagato e innocente fino a prova contraria). Ma all’epoca la Dda ancora non aveva accertato le relazioni del businessman con il clan Belforte. Il teste ha sostenuto che la maggior parte dei dipendenti assunti dall’imprenditore erano segnalati dai politici. “Anche Assunta Mingione e Alessandra Ferrante (entrambe non coinvolte nel processo). Ma non ricordo – ha risposto Finelli– da chi furono segnalate. Io mi occupavo  dei passaggi di cantiere del personale  e delle buste paga. Non le compilavo io, ma studi esterni. Avevo contatti con i sindaci”.

Del settore rifiuti, però, Finelli non avrebbe voluto averci nulla a che fare: “Chiesi esplicitamente a Grillo di esonerarmi da quel settore. La Ferrante era troppo ‘facilona’. Con lei non avevo rapporto molto buoni. Nelle aziende – ha chiarito il teste – comandava Grillo, però”.

Il processo

Dopo il commercialista ed ex dipendente della Cesap  sono stati interrogati in aula un delegato di un’impresa attiva nel settore rifiuti, che partecipò alla gara per l’appalto rifiuti (oggetto del processo) presso il comune di Santa Maria a Vico, e un sottufficiale in pensione in servizio presso il Commissariato di Governo al tempo dell’emergenza rifiuti. Il processo riprenderà ad inizio novembre dinanzi alla prima sezione penale presieduto dal giudice Roberto Donatiello. In aula a rappresentare la Procura distrettuale ci sarà il pm Luigi Landolfi.

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