Manovra, Moscovici avverte: “Fuori dai paletti, dialoghiamo o pagherà il popolo”

AFP photo / Emmanuel Dunand in foto Pierre Moscovici

Roma – Il commissario per gli Affari economici dell’Ue, Pierre Moscovici, lo dice chiaramente: il progetto di legge di bilancio italiano per il 2019 “appare ad oggi fuori dai paletti” delle regole comuni europee. E avvisa: va bene la manovra del popolo, ma “alla fine è sempre il popolo a pagare”.

Inizia il prevedibile scontro con Bruxelles sulle cifre

Il giorno dopo l’ok del Consiglio dei ministri alla nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, viene indicato l’obiettivo di portare al 2,4% il deficit in rapporto al Pil.

Il ‘warning’ verbale del politico francese è solo il primo atto

La valutazione vera e propria della manovra ci sarà solo dopo la metà di ottobre, quando il governo presenterà la legge di Bilancio e tutto sarà nero su bianco.

Tecnici di Bruxelles aspettano numeri e tabelle del Def per avviare il lavoro di esame

Non abbiamo alcun interesse ad aprire una crisi tra l’Italia e la Commissione, ma non abbiamo neanche interesse a che l’Italia non riduca il suo debito pubblico, che rimane esplosivo“, assicura Moscovici. Il suo ragionamento è chiaro: continuare il dialogo con le autorità italiane è la strada da seguire, “dicendo ancora una volta che rispettare le regole non è una cosa che fanno per noi ma per loro, perché quando un Paese si indebita si impoverisce”.

Le temute sanzioni teoricamente possibili perché previste dai trattati

Ma assicura: “Io non sono nello spirito delle sanzioni, non lo sono mai stato” continua il commissario Ue. E del resto sono uno strumento con un processo che porta via tempo, mentre i mercati rispondono giorno per giorno agli stimoli della politica. Senza contare che a ottobre si pronunceranno sull’Italia S&P e Moody’s, e potrebbero declassarne l’affidabilità.

Sono tre le strade che la Commissione ha davanti: la prima, approvare la legge di Bilancio italiana così com’è, ma appare impraticabile perché creerebbe un precedente tutt’altro che rassicurante. La seconda, chiedere delle correzioni, che è il sentiero del dialogo su cui insiste Moscovici e anche la più probabile, ma rischia di innescare un braccio di ferro con il governo se i due vicepremier la interpretassero come uno spunto per una campagna politica contro l’Europa dei burocrati. La terza è quella della bocciatura in toto, che il francese vuole evitare a tutti i costi e che anche in questo caso finirebbe per avere delle ripercussioni – che a Bruxelles si vorrebbero chiaramente evitare – sulle prossime elezioni europee.

Il punto è che “ci sono delle regole, l’Italia è la culla della democrazia come la Grecia e ci sta una frase latina che dice ‘pacta sunt servanda’”, insiste Moscovici.

Se il debito aumenta crei una situazione instabile – sottolinea – farò in modo con il mio dialogo con le autorità italiane, che riavvierò da subito, vedo lunedì all’Eurogruppo il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che l’Italia sia capace di restare nello spirito comune“. L’intelocutore, dice chiaro e tondo, è Tria, non i due vicepremier che su di lui non hanno mai avuto parole tenere, ma “non è il burocrate di Bruxelles che parla.

Indebitati e incatenati non si può agire

Sono convinto che non è nell’interesse dell’Italia e degli italiani indebitarsi“, spiega, perché in quel caso “succede che a un certo momento il tasso di interesse aumenta, il servizio del debito diventa più esigente, e quindi ogni euro viene destinato al rimborso del debito“.

Secondo Moscovici “bisogna che gli italiani non si sbaglino destinando un euro in meno per le autostrade, un euro in meno per l’istruzione, un euro in meno per la giustizia sociale. Quando si è indebitati si è incatenati e non si può agire. Non c’è più margine per i servizi pubblici”.

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