NAPOLI – Da un lato, i ‘giornaloni’ che raccontano solo le verità che piacciono ai loro finanziatori. Dall’altra, la stampa indipendente che sopravvive grazie al contributo pubblico. La riforma dell’editoria che il governo gialloverde si appresta a varare non mette d’accordo nessuno. Preoccupa, in ogni caso, chi di stampa vive e chi con la stampa vive meglio.
“L’indebolimento della stampa, in questi anni, ha prodotto una significativa riduzione della libertà di espressione. Tutto ciò ha danneggiato anche l’opinione pubblica, sempre più divisa e incapace di valutare i fatti in maniera autonoma”, ha affermato l’eurodeputato Pd Andrea Cozzolino.
Mentre si fanno i conti con la difficoltà di trovare un nuovo modello di sostenibilità economica per gli editori, è in corso, secondo l’esponente dem, una “campagna di delegittimazione nei confronti di giornali e giornalisti ad opera di chi sostiene che solo attraverso il web si realizza la libertà di espressione. Credo, invece, che la risposta sia il riconoscimento del bene pubblico dell’informazione. Un bene che dunque va sostenuto pubblicamente. Nell’interesse dei lavoratori, della liberta’ di stampa e della democrazia”.
Onorevole, cos’è, precisamente, che non le piace della riforma del governo?
Siamo in presenza di un’azione che non colpisce i grandi network nazionali, ma quelli piccoli che sono espressione territoriale. Circa diecimila tra giornalisti e operatori dell’informazione rischiano di non poter svolgere la loro attività perché si vuole svuotare il fondo di 40-50milioni. Cosa ci facciamo con questi soldi? Saniamo debiti, salviamo il Paese dal default, lo consideriamo uno spreco per la nostra democrazia? Cosa? La misura del governo mi sembra assolutamente non corrispondente agli effetti che produce.
Le realtà editoriali più piccole, quelle che lei definisce territoriali, come possono essere tutelate?
Dal mio punto di vista bisognava capovolgere la prospettiva e pensare, piuttosto, a come rafforzare l’informazione fatta di esperienze locali che hanno il valore della ricerca delle notizie a differenza dei più grandi. L’azione di un Movimento che si ispira alla partecipazione diretta dei cittadini e poi uccide un canale d’informazione come questo è incomprensibile.
Crede ci sia una motivazione politica dietro la decisione di riformare il settore?
Non capisco se si teme la controinformazione. O si dimostra che siamo dinanzi a un sussidio che non produce attività, ma i dati di cui dispongo sono chiari in merito e vedono un calo dei grandi network con la riscoperta dei giornali locali, che rappresentano un canale di informazione più diretto, o siamo all’ assurdo.
Anche su questo tema il Pd, al momento, sembra limitarsi alla critica fine a se stessa, fa fatica a ritrovare l’unità. Lei pensa che il congresso porterà a capo del partito qualcuno in grado di poter risollevare le sorti del del Pd che dovrebbe fare una seria opposizione al governo pentaleghista?
Il problema è che questo benedetto congresso andava fatto subito dopo il 4 marzo, la decisione è stata rimandata e ha prodotto l’incertezza, che si amplifica in ragione del fatto che non sappiamo cosa accadrà al Paese nelle prossime settimane. L’Ue ha bocciato la manovra, un fatto mai accaduto prima che porterà ad una reazioni del Paese e dei mercati, un vero problema sui risparmi di cittadini,una situazione che brucerà le occasioni per le nuove generazioni. Il congresso va inserito in questo contesto. Vedremo se ci saranno altri candidati. Ora sono sei, la mia opinione è che abbiamo due appuntamenti importantissimi: l’approvazione della legge finanziaria del governo del cambiamento e la preparazione delle Europee del 26 maggio 2019. Dobbiamo decidere come stare dentro a queste sfide. L’importante è avere chiaro dove andiamo.