Pd, sarà corsa a tre per la segreteria, rischio deriva destroide

Minniti il destroide, Martina l'incompreso e Zingaretti il moderato

ROMA – Sarà corsa a tre al congresso nazionale del Pd. Pronti ai nastri di partenza l’uscente Maurizio Martina, che ufficializzerà la propria candidatura in giornata, l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti dato per favorito e il governatore del Lazio Nicola Zingaretti.

Minniti il ‘destroide

Dato per assodato che nessuno dei tre raggiungerà il 51% delle preferenze alle primarie, previste tra fine febbraio e inizio marzo, il Pd si ritroverà, ancora una volta, diviso per correnti. Al momento, pur risultando un passo dietro a Zingaretti, Minniti sembra poter recuperare terreno considerato il ritardo con cui ha annunciato la propria candidatura rispetto al governatore. Ma le sue dichiarazioni hanno impensierito gli ultimi nostalgici del ‘Pci’ rimasti in circolazione. “Fossi stato comunista – ha detto – non avrei potuto guidare i servizi segreti”. Il comunismo non fa più tendenza, è visto come una macchia nera sul curriculum, qualcosa da cui prendere le distanze per sopravvivere in una fase in cui la deriva ‘destroide’ sembra prevalere. E proprio tale deriva potrebbe ‘marchiare’ il futuro Pd. E’ risaputo che Minniti da ministro di un governo di centrosinistra ha parlato il linguaggio della destra attuandolo sull’immigrazione.

Martina ‘l’incompreso

Nonostante il suo segretariato si sia distinto per il ritorno tra la gente con le riunioni convocate nelle periferie a rischio, Martina non ha conquistato i suoi, anzi. Nel tentativo di tornare a parlare dei valori di sinistra è risultato ‘anacronistico’. La sua reggenza non è stata incisiva, difficile risollevare le sorti di un partito distrutto dal voto del 4 marzo scorso. Alle primarie potrebbe incontrare il favore di parte dei renziani e pescare tra gli ex Pci. Ma basterà a consegnargli la guida del Pd?

Zingaretti il ‘centrista

Il governatore del Lazio, primo a candidarsi alla guida del Pd, si è proposto come l’anti-Renzi. Può godere dell’appoggio delle aree che fanno capo agli ex ministri Andrea Orlando e Dario Franceschini e pescare tra i sostenitori del governatore pugliese Michele Emiliano. La sua vittoria non sposterebbe a destra il baricentro del partito, ma neanche a sinistra. Il Pd sarebbe una sorta di Udc in salsa rosata.

Sullo sfondo

Resta l’ex segretario Matteo Renzi che, secondo un sondaggio EMG Acqua presentato oggi ad Agorà, se fondasse un nuovo partito raccoglierebbe il 12% delle preferenze degli elettori e il 47% degli elettori del Pd.

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