Le ombre dei Nani

Dopo mesi di dichiarazioni aggressive nei confronti dell'Europa Unita da parte del duo meraviglia Salvini-Di Maio, nel silenzio generale si è praticamente firmata la resa.

Vincenzo D'Anna, ex parlamentare

Il più vecchio e stimato tra i politici italiani Niccolò Machiavelli, asseriva  che “governare è lasciar credere”. Il governante ha  bisogno di illudere il popolo con reiterate affermazioni,  più che accontentarlo realizzando ciò che promette. Credo che il primo ministro Giuseppe Conte abbia tenuto ben presente tale massima e si sia sforzato di metterla in atto senza troppi clamori, immune dai condizionamenti dei suoi due vice presidenti.

“Noi siamo europeisti e vogliamo rimanere in Europa”, ha rimarcato ancora ieri. “Vogliamo rispettare le regole, muoverci nel contesto dei trattati e delle alleanze che conosciamo” ha dichiarato compendiando, di fatto, in una sola frase, la resa del governo sovranista e scrivendo la parola fine ad una fase machiavellica della politica italiana, durata sei mesi e costata qualche centinaio di miliardi di euro alle casse del Belpaese. Insomma, dopo mesi di dichiarazioni aggressive nei confronti dell’Europa Unita da parte del duo meraviglia Salvini-Di Maio, nel silenzio generale si è praticamente firmata la resa.

Non si tratta, intendiamoci, di una resa certificata solo dalla rielaborazione della legge finanziaria e dalla riduzione del rapporto tra debito sovrano e Pil dal 2,4 a 2,0, quanto di una serie di ulteriori atti che il governo giallo-verde ha compiuto in questi ultimi tempi confermando così di essersi allineato alla mainstream (corrente principale) europea.

Eppure per settimane i rappresentanti di Lega e 5S si erano accaniti con insolenza contro il commissario Jean Claude Junker, minacciando di non approvare il bilancio di Bruxelles, di uscire dalla moneta unica, di contestare l’asse franco-tedesco che voleva piegare l’Italia ai propri voleri. Concetti che erano stati reitererati e confermati anche innanzi alla progressiva crisi dello spread (stabilmente oltre i 300 punti base), alla crescita di oltre due punti percentuali degli interessi passivi sui nostri titoli di Stato, alla crisi della borsa, delle Banche e dei tassi di interesse.

Evidentemente la ragione e l’interesse elettorale richiedevano la costruzione di una idea mistica dell’esecutivo, l’idea d’essere i protagonisti dell’epopea del riscatto  italiano in Europa. Idea non peregrina in se stessa, ma esacerbata ed imbarbarita dai toni e dalla tracotanza pubblicitaria che l’avevano connaturata. E tuttavia tale idea è risultata gradita al popolo di destra, che ha visto in Salvini il nuovo “duce”, ed al variegato popolo pentastellato che per anni ha attribuito alla corruttela ed all’incapacità dei governanti la sudditanza nei confronti della perfida Europa.

Poca gente sa – perché pochissimi giornali lo hanno scritto a chiare lettere – che il governo italiano ha votato il rinnovo delle sanzioni alla Russia, con buona pace di Salvini amico di Putin; ha ratificato le nuove procedure previste per la ristrutturazione del debito per gli stati in difficoltà. Con quest’ultima misura, laddove dovesse ripetersi un fenomeno Grecia, sarà molto più difficile ottenere gli aiuti dalla BCE.

Una circostanza, questa, che per l’Italia, che ha un elevato debito pubblico e non è riuscita a piazzare tutti i BTP immessi sul mercato, rischia di trasformarsi nella classica martellata sulla mano. Ancora. Volendola esaminare meglio, la retorica anti europeista nasce e persiste in casa nostra sulla questione immigrazione, eppure, a fronte di ciò, il governo ha confermato l’appoggio alla operazione Sophia al largo delle coste libiche non impedendo lo sbarco di migranti sulle coste italiane. Pensate sia finita qua? Macché. Sapete che l’Europa, con l’assenso italiano, ha appena ratificato un significativo accordo commerciale col Giappone del quale poco o nulla si è saputo? Eppure il paese del Sol Levante è un colosso nel campo manifatturiero, proprio come l’Italia.

Ora, non sarebbe il caso di valutare attentamente quali aspetti si contemplino in tale accordo? Insomma, tirando le somme: siamo nelle mani di leader politici  di mentalità provinciale, venditori di generi di largo consumo (reddito di cittadinanza, pensioni, idiosincrasia per i diversi, rivendicazioni generiche di stampo  nazionaliste quanto autolesioniste) ai quali manca il senso strategico complessivo di come si tutelino realmente gli interessi di una Nazione.

D’altronde cosa altro potrebbe fare un governo nato da un estemporaneo compromesso post elettorale, frutto di un contratto nel quale non v’è traccia di una visione d’insieme delle esigenze e dell’importanza prioritaria che queste stesse rivestono? Fino a quando il livello della politica sarà dedicato alle tifoserie interessate, ai  benefici promessi, oppure agli elettori meno avveduti ed eruditi (ma più presenti sui social), non potrà che essere di infima levatura.

Tuttavia è poco male per  quegli elettori che si affannano a dichiarare, nei sondaggi d’opinione, di essere disposti a confermare il proprio voto all’attuale compagine di governo. A conferma che quando  il sole è basso all’orizzonte,  anche i nani  hanno ombre da giganti.

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