LONDRA – Theresa May lascia la guida del Partito conservatore, dando il via ufficialmente alla corsa per la sua successione. Questo addio, senza cerimonie formali, solo con una lettera privata ai Tory, segue la decisione che aveva annunciato il 24 maggio fra le lacrime: “Darò le dimissioni da leader del partito conservatore il 7 giugno, sicché possa essere deciso un successore”, aveva detto davanti al numero 10 di Downing Street, logorata dall’interminabile rompicapo della Brexit.
L’incontro May-Trump
May, che questa settimana ha ricevuto Donald Trump in visita di Stato, lascia il timone Tory ma resterà premier ancora per un po’, fino a quando entro fine luglio non sarà scelto un nuovo leader conservatore fra gli 11 in lizza. In questo periodo di transizione, però, non prenderà alcuna decisione relativa alla Brexit. Il divorzio dall’Ue è ancora in programma per il 31 ottobre, ma mentre gli aspiranti premier affilano le armi per assicurarsi la leadership il progetto Brexit resta in stallo. L’unico piano di divorzio sul quale è stato raggiunto l’accordo con Bruxelles è stato respinto dal Parlamento britannico.
L’ascesa di Theresa May
Approdata a Downing Street dopo il referendum shock del 2016, con cui i britannici avevano votato a favore del ‘Leave’, May dopo avere lavorato per tre anni al piano di uscita si è vista costretta a rinviare la data del divorzio due volte (inizialmente era prevista per il 29 marzo 2018) e alla fine ha dovuto riconoscere il fallimento, l’incapacità di portare a termine la Brexit, e ne ha tratto le conseguenze con le dimissioni.
Si scatena la corsa alla successione
Undici i deputati conservatori che hanno dichiarato pubblicamente la loro intenzione a prendere il posto di May. Avranno tempo fino alle 17 locali di lunedì per candidarsi formalmente, ma è atteso che alcuni di loro facciano un passo indietro. Il frontrunner è Boris Johnson: ex sindaco di Londra, ex ministro degli Esteri e capofila dei Brexiteers. Fra i principali rivali il ministro dell’Ambiente Michael Gove.
I 313 deputati conservatori, May inclusa, terranno diverse votazioni (la prima delle quali giovedì) finché non resteranno in corsa solo due contendenti, entro il 20 giugno. A quel punto a esprimersi saranno i circa 100mila membri del partito e il nuovo leader dovrebbe essere scelto entro la settimana del 22 luglio. Il vincitore avrà poi solo pochi mesi per decidere se provare a salvare il piano di May, rinviare nuovamente la Brexit o tagliare del tutto i legami con l’Ue uscendo in scenario di ‘no deal’.
Tensioni nel governo britannico
Il governo è sotto pressione da parte dell’euroscettico Nigel Farage, che con il suo neofondato Brexit Party ha vinto le elezioni europee nel Regno Unito e ora spinge per l’opzione di un’uscita senza accordo. In mattinata Farage si è recato a sorpresa a Downing Street proprio per chiedere, alla luce del suo risultato elettorale, di poter sedere al tavolo dei negoziati con l’Ue. Il Brexit Party, però, ha dovuto incassare un colpo alle urne nelle elezioni suppletive di giovedì: non è infatti riuscito a ottenere il suo primo seggio al Parlamento britannico; nella città orientale di Peterborough ad aggiudicarselo è stato il Labour, che ha tuttavia visto crollare i suoi consensi del 17%, mentre i conservatori sono precipitati del 25%.
La scadenza è fissata al 31 ottobre
Per Boris Johnson, i conservatori devono applicare la Brexit entro il 31 ottobre altrimenti si rischia di consegnare il governo al laburista Jeremy Corbyn. Johnson è fra i tanti potenziali candidati che, se necessario, intende lasciare l’Ue anche senza accordo. Gove invece, altro frontrunner, è aperto all’opzione di un nuovo rinvio della Brexit, mentre il ministro degli Esteri Jeremy Hunt ritiene che lasciare l’Ue in scenario di ‘no deal’ sarebbe un “suicidio politico”.
(LaPresse/AFP)