ROMA – Il governo giallo-verde si spacca sul salvataggio di Radio Radicale. E’ passato nelle commissioni Bilancio e Finanze della Camera un emendamento del Pd al decreto Crescita per salvare la storica emittente con un finanziamento di altri 3 milioni per l’anno in corso. I fondi saranno utilizzati per favorire la conversione in digitale e la conservazione degli archivi dell’emittente. Il testo iniziale è stato modificato su proposta della Lega, ma il viceministro dell’Economia, Laura Castelli, ha dato parere contrario. Hanno votato a favore la Lega e tutti gli altri partiti, mentre il Movimento 5 Stelle ha votato contro.
Il testo riformulato dal Pd
L’emendamento proposto dal Pd introduce nel decreto l’articolo 30bis che, al secondo comma premia gli organi d’informazione di interesse generale. “La presidenza del Consiglio dei ministri corrisponde alle imprese citate (che abbiamo cioé svolto attività di informazione di interesse generale ndr) un ulteriore contributo di 3mln per l’anno 2019″, recita l’emendamento. Le risorse per finanziare il salvataggio dovrebbero essere attinte dal Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione. “Su Radio Radicale una pioggia di soldi pubblici ingiustificata”, hanno attaccato i deputati M5S.
I tagli all’editoria
Il governo giallo-verde già a fine maggio ha bocciato il rinnovo della convenzione con l’emittente per le riprese delle sedute parlamentari. Una misura che si inserisce nei tagli all’editoria voluti fortemente dal Movimento 5 Stelle. L’azzeramento dei fondi colpisce gli editori puri e le cooperative di giornalisti, le piccole testate locali non finanziate dai colossi dell’industria che acquistano grossi spazi pubblicitari sui ‘giornaloni’ nazionali. Informazione libera che ha dato voce alle battaglie dei cittadini, come quelle realizzate proprio da Radio Radicale. Queste testate hanno bisogno dei contributi statali per sopravvivere. Secondo i piani dell’esecutivo i fondi all’editoria saranno progressivamente ridotti fino alla loro abolizione. Il primo taglio è del 25% nel 2019, poi del 50% nel 2020 e del 75% nel 2021, fino a che nel 2022 saranno azzerati del tutto.