MILANO – Mentre a livello globale soffia il vento dell’allentamento monetario, gli sguardi si dirigono verso Francoforte. Dove Mario Draghi parlerà giovedì al termine della riunione di luglio del consiglio direttivo della Banca centrale europea.
L’economia dell’eurozona arranca
A offrire spunti sono ancora le ultime dichiarazioni dell’economista romano, che a metà giugno – in occasione del Forum on Central Banking di Sintra – ha aperto a “uno stimolo addizionale”. Nel caso l’economia dell’area euro non iniziasse a migliorare. Confermando che nella cassetta degli attrezzi della Bce trovano posto anche ulteriori tagli dei tassi e altro spazio per il quantitative easing, chiuso a fine 2018. Ma non per forza abbandonato per sempre. Questo in aggiunta alla nuova serie di operazioni di rifinanziamento a medio lungo termine per gli istituti di credito, il cosiddetto programma Tltro, già in agenda a settembre.
Il tasso di crescita del Pil è debole
Decisi segnali di miglioramento, va detto, per il momento non se ne vedono. Il Fondo monetario internazionale, pur alzando di un decimale le attese per il 2020, ha confermato la sua stima di crescita dell’eurozona al +1,3% per il 2019. Mentre le letture “flash” di luglio effettuate da Ihs Markit mostrano un’area euro in cui la crescita vacilla. Con la Germania – dove l’attività manifatturiera si attesta sui minimi in sette anni – a serio rischio recessione tecnica. “Il tasso di crescita del Pil sembra destinato a indebolirsi dallo 0,2% registrato nel secondo trimestre, avvicinandosi ad uno 0,1% nel terzo trimestre”. Osserva il chief business economist Chris Williamson, commentando lo scivolamento a 51,5 punti del Pmi composito dell’eurozona. Frutto di un peggioramento del manifatturiero accompagnato da una espansione solo moderata dei servizi.
Le manovre della Bce
“C’è un certo dibattito su cosa ci dovremmo aspettare dalla Bce, data la sua storia fatta di sorprese nel corso del mandato dell’attuale presidente”, commenta intanto Quentin Fitzsimmons, gestore obbligazionario di T. Rowe Price, secondo cui “con l’inflazione a livelli minimi sin dall’introduzione dell’euro, il regalo di dipartita di Mario Draghi potrebbe essere un taglio del tasso di deposito a settembre”.
Le prossime mosse della politica monetaria
Sulla stessa lunghezza d’onda è anche Patrick Moonen, principal strategist Multi Asseti di NN Investiment Partners, che non esclude però una sorpresa anticipata. “A nostro avviso – spiega – la Banca centrale europea potrebbe ridurre i tassi già a partire da domani. Anche se è più probabile che ciò avvenga da settembre”. Se Draghi decidesse di muoversi subito, sarà interessante vedere quali saranno le reazioni d’oltreoceano. Dove la Federal Reserve si riunirà per decidere le nuove mosse di politica monetaria la prossima settimana. Anche sull’altra sponda dell’Atlantico l’argomento sulla bocca di tutti – a partire da quella del presidente Donald Trump – è se e quando il presidente Jerome Powell annuncerà un taglio del costo del denaro.
(AWE/LaPresse/di Marco Valsecchi)