ROMA – Va avanti senza sosta la caccia all’uomo che ha ucciso con un colpo alla testa Fabrizio Piscitelli. Gli agenti della squadra mobile, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia, passano al setaccio le immagini catturate dalle telecamere di sorveglianza nei pressi del Parco degli Acquedotti a Roma. E cercano indizi nelle testimonianze di chi era in Via Lemonia al momento dell’agguato.
L’assassinio di Piscitelli
Era il tardo pomeriggio di mercoledì, quando l’assassino, in abiti da jogging, si è avvicinato alla panchina sulla quale lo storico ultras sedeva in compagnia del suo autista. Il killer è arrivato da dietro, senza esser visto e ha sparato, colpendo la vittima alla testa, vicino all’orecchio sinistro.
L’appuntamento fatale
Piscitelli, che era lì per un appuntamento, è morto sul colpo mentre la persona che lo accompagnava, che dopo l’agguato si è data alla fuga, agli inquirenti non ha saputo fornire dettagli riguardo al misterioso incontro. In attesa del quale Piscitelli è stato freddato. E’ stata un’esecuzione in piena regola, davanti a decine di persone che poco prima del tramonto affollavano il parco alla periferia est di Roma. Nel fascicolo viene contestata l’aggravante del metodo mafioso e chi indaga non ha dubbi che ad agire sia stato un sicario esperto.
Le prime ricostruzioni degli inquirenti
La pistola si sarebbe inceppata subito dopo il primo colpo, dando all’autista, secondo la ricostruzione fornita agli inquirenti, il tempo di scappare. Mentre Piscitelli rimaneva a terra, in una pozza di sangue.
Il Viminale fa sapere di seguire “con grande attenzione” le indagini, e il ministro Matteo Salvini si dice “sicuro che la professionalità di forze dell’ordine e inquirenti risolveranno il caso”. E assicurando che nessuno rimarrà impunito. Intanto gli inquirenti sentono testimoni, analizzano i video delle telecamere di sorveglianza e cercano di risalire alle telefonate fatte dalla vittima. Per arrivare al responsabile, ai mandanti e al movente che potrebbe esser legato a questioni di soldi, droga, vendette di clan.
I precedenti di ‘Diabolik’
Il 53enne ‘Diabolik’, fondatore degli Irriducibili della Lazio, aveva una serie di precedenti. Nel 2013 ha subito l’arresto dopo un periodo di latitanza, con l’accusa di essere il promotore di un traffico internazionale di sostanze stupefacenti fra l’Italia e la Spagna. Nel 2014 il sequestro di beni per un valore superiore a 2 milioni di euro. E nel 2015, insieme ad altri esponenti della curva laziale, era stato condannato per concorso in tentata estorsione ai danni del presidente del club biancoceleste Claudio Lotito nella vicenda relativa alla fallita scalata del 2006 per l’acquisto della società. E nella quale era stato coinvolto anche l’ex centravanti e gloria del club Giorgio Chinaglia.
(LaPresse/di Alessandra Lemme)