L’intervista. Il questore Giuliano: “Contro la camorra vince solo chi lavora in squadra”

Il suo bilancio a due mesi dall’insediamento

NAPOLI – Due mesi e mezzo, tempo di bilanci. Parliamo di quelli che ha incominciato a fare Alessandro Giuliano, il numero uno della questura di Napoli, dopo il suo insediamento. In città c’era già stato negli anni Novanta, per lui è un ritorno in una città che, tutto sommato, vede cambiata. “Qualsiasi città subisce mutamenti. Da quando ci ho lavorato sono cambiate molte cose. In primis si osserva il grande afflusso di turisti che vent’anni fa non c’era. L’ho vista rifiorita Napoli, ma anche cambiata rispetto al fenomeno criminale, come ritengo sia fisiologico dopo due decenni”. Il riferimento alle ‘stese’ e alle baby gang è implicito, ma chiaro. “Il fenomeno della criminalità minorile è sotto osservazione – spiega il questore – C’è un gruppo di lavoro apposito”.

Nel corso di un Comitato per la sicurezza che si tenne in Prefettura un paio d’anni fa emerse un dato che allarmò. Le baby gang furono paragonate addirittura all’Isis per l’impatto che avevano sulla società civile. Sulla percezione di insicurezza dettata dall’imprevedibilità delle azioni, dall’anonimato in cui potevano calarsi i responsabili di quelle azioni. Dal pericolo intrinseco connaturato all’esistenza di quel tipo di zona grigia che si trova al confine tra un gruppo di bulli e un clan camorristico. Le contromisure sono arrivate. “E’ stato avviato un gruppo investigativo specializzato sulle bande giovanili violente”. Questa la strategia elaborata dalla Procura di Napoli guidata da Giovanni Melillo insieme alla Procura per i minorenni con a capo Maria De Luzenberger. Non di rado è lì che la camorra va sovente ad attingere, a quel serbatoio criminale in formazione.

“Le caratteristiche sociali, culturali ed economiche dei quartieri degradati o periferici di Napoli agevolano l’arruolamento di giovani leve, molte delle quali minorenni, attingendo dal vivaio delle bande della microcriminalità”. Così si legge nella Relazione Semestrale della Dia. I minori rappresentano un “esercito” di riserva per la criminalità, da impiegare, in particolare, nelle attività di spaccio delle sostanze stupefacenti ove, come più volte emerso dalle attività investigative, partecipano persino i bambini. Il gruppo di lavoro, il pool, che si è posto il difficile obiettivo di contrastare le nuove leve criminali è composto da investigatori della squadra mobile di Napoli, 4 Sezione e dagli uomini del Servizio Centrale Operativo di Roma, prima dell’incarico in via Medina, coordinati proprio da Alessandro Giuliano. La parole d’ordine sono sinergia e condivisione di informazioni. Si riversa in un contenitore l’enorme mole di dati raccolti nel corso di controlli su strada, quando vengono rilevati quelli che possono essere definiti come ‘reati spia’. Ma cosa sono? Un gruppo di ragazzini che viene fermato e trovato con un coltello o in possesso di un ciclomotore provento di furto o rapina, fa attivare l’unità e le indagini su quel determinato gruppo diventano più mirate. Indagini che non trascurano le piattaforme social.

D’altronde questi giovanissimi hanno dei segni di appartenenza, un modo comune di vestire, di portare i capelli. Non ancora camorra, quasi. “Non è solo gangsterismo minorile – aggiunge Giuliano – bisogna tenere conto della possibilità che questi fenomeni possano essere collegati a organizzazioni criminali più strutturate, se non direttamente una loro espressione. Anche solo partendo da una parentela”.

Con la settimana di Ferragosto e il picco di visitatori in città, le contromisure della questura sono stringenti. “Anche per quanto riguarda il contrasto alla criminalità diffusa, ho trovato in questa questura donne e uomini di straordinaria capacità e dispositivi che già funzionavano. A cominciare dalla Polfer che svolge un lavoro egregio negli scali ferroviari, fino alle pattuglie appiedate di poliziotti e carabinieri in borghese dislocate in varie zone, come ad esempio ai Decumani”. Poi una digressione su un punto importante: la sinergia: “Fenomeni così complessi non possono non essere affrontati se non facendo squadra”. Capitolo estorsioni. La situazione pare stia migliorando. Almeno dal punto di vista delle denunce. Il caso della Maddalena è emblematico…

“Ci sono delle sacche di omertà e di non collaborazione. Alla Maddalena c’è stata una formula vincente. In pochi giorni siamo riusciti ad assicurare alla giustizia i responsabili grazie alla collaborazione di tutte le vittime. La gente deve capire che lo Stato ha una risposta più rapida con la collaborazione”.

“L’aspetto più rilevante di questa operazione è che sia partita dalle denunce delle vittime”. Così commentò a caldo Giuliano l’operazione che decapitatò il gruppo accusato di taglieggiare gli ambulanti alla Maddalena. Sì, perché quello che viene definito come il ‘muro dell’omertà’, in quella circostanza, si è sgretolato. “Dalle prime denunce ai provvedimenti di fermo sono passati solo due mesi – continuò il numero uno di via Medina – Questo dimostra che si può e noi, in sinergia con la procura della Repubblica, facciamo un invito ad avere fiducia nelle istituzioni”. “Chiunque subisca un’estorsione denunci, perché lo Stato è al suo fianco, è presente”.

Che si tratti di questa o di quell’altra organizzazione, il discorso è più generale. La denuncia è l’unica via per uscire dalla pressione criminale, dalla paura. D’altronde, fin dal momento del suo insediamento all’inizio di giugno, Giuliano ha lasciato intendere la sua linea: “Non esistono ricette per sconfiggere la criminalità, esistono il lavoro e la sinergia”.

Parla di “cultura” e di associazionismo, di realtà sociali che potrebbero cambiare le cose. Napoli è una “città complessa” e la polizia, la questura, per Giuliano, non possono prescindere da quella che è la percezione dei cittadini. In quel discorso di presentazione ha quasi disegnato un’idea di questura ‘a porte aperte’, come vero e proprio punto di riferimento e di accoglienza. Una mano tesa per chi la cerca, fatta di poliziotti immersi nella realtà e a contatto con essa. Si era presentato così Alessandro Giuliano, con poche parole, ma con le idee chiare. Le parole d’ordine sono sinergia, immedesimazione e ascolto.

Il ‘questore giovane’, quello che il suo predecessore Antonio De Iesu aveva definito come un investigatore appartenente alla generazione 4.0, ha dimostrato che le ‘porte aperte’ producono risultati. Infine una disamina sulla situazione camorra. La ‘frammentazione’ criminale evidenziata negli anni scorsi nella Relazione redatta dalla Direzione investigativa antimafia potrebbe stare lasciando spazio a un diverso scenario fatto di due ‘monoliti’ criminali, due monoliti malavitosi. Da una parte i Mazzarella e dall’altra i clan che fanno parte dell’Alleanza di Secondigliano. “Esistono sicuramente dei grandi cartelli criminali, cui fanno riferimento clan che insistono in vari quartieri. Accadeva anche vent’anni fa. Poi, grazie anche alle inchieste e alle operazioni di magistratura e forze dell’ordine ci sono stati dei periodici riposizionamenti o tentativi di riempire dei ‘vuoti’, che possono dare l’idea di una frammentazione. Anche le cosiddette ‘stese’ possono essere ricollegabili a questi scenari. Il fatto che vi siano dei gruppi articolati non credo sia in contraddizione con una certa fluidità criminale nel senso che ho appena descritto”.

Alessandro Giuliano, 52 anni compiuti lo scorso 21 maggio, ha iniziato la sua carriera in polizia partendo dal basso, facendo la cosiddetta ‘gavetta’. Iniziò a Milano, dove prestò servizio sulle Volanti nel 1990. Poi la direzione delle squadre mobili di Padova (dove si è occupato delle indagini che portarono alla cattura del serial killer Michele Profeta) e di Venezia (lì si è occupato delle indagini sulla cosiddetta Mala del Brenta, finendo persino nel mirino secondo un collaboratore di giustizia), dopo ‘passaggi’ a Roma e Napoli. A via Medina restò tra il 1997 e il 1999 quando fu è stato funzionario nella sezione Catturandi della squadra mobile. Nel 2009 tornò a Milano e si occupò della guida della squadra mobile. Nel 2016 la promozione a questore e dall’11 maggio dello stesso anno assunse l’incarico a Lucca.

Meno di un anno dopo, nel marzo del 2017, è stato nominato è direttore del Servizio Centrale Operativo di Roma, lo Sco, dove si è occupato delle indagini relative alla latitanza dell’uomo che ha preso lo scettro di Cosa nostra dopo i Corleonesi, Matteo Messina Denaro, dal 1993 il fantasma della mafia siciliana. Alcuni rumors di alcuni di mesi fa davano Giuliano verso la questura di Reggio Calabria, ma dopo la Festa della Polizia che si tenne a Napoli il suo nome cominciò ad essere accostato a via Medina. Si è presentato pronto alla sfida con Napoli e ha tutta l’intenzione di vincerla con rigore e serietà.

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