Permessi tarocchi e assunzioni di parenti di politici, sequestrate le opere di ampliamento di Pineta Grande

Sigilli alla struttura che sta sorgendo sulla Domiziana nei pressi della sede storica della struttura sanitaria

CASTELVOLTURNO – Una struttura in espansione, una clinica pronta a trasformarsi in uno dei centri sanitari più grandi della Campania. Ma “le opere di ampliamento” in corso di realizzazione a Pineta Grande ieri mattina sono state bloccate: il gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta della procura, ha ordinato il sequestro dei cantieri.

Ad innescare l’inchiesta che ha coinvolto la clinica è tata la richiesta d’accesso da parte di un’altra struttura sanitaria agli atti del procedimento amministrativo conclusosi con il rilascio dell’Ufficio tecnico comunale di Castelvolturno del permesso a costruire.

Il lavoro dei carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta e del Reparto di Mondragone avrebbe fato emergere come l’ampliamento in corso di realizzazione della Casa di Cura Pineta Grande, autorizzato dal consiglio comunale, e i successivi permessi sono stati ratificati in violazione della normativa riguardante la realizzazione o ampliamento delle strutture sanitarie e della regolamentazione regionale sull’edilizia-urbanistica.

L’Assise, ha ricostruito la procura, ha autorizzato l’ampliamento volumetrico dello stabile e il passaggio da 150 posti letto a 574. Ma la procedura era stata attivata senza verificare la compatibilità del progetto con il fabbisogno sanitario regionale e con l’esigenza di localizzazione territorio. Senza quel riscontro, hanno sostenuto gli inquirenti, guidati dal procuratore Maria Antonietta Troncone, l’ampliamento della struttura sanitaria non poteva concretizzarsi.

Due le delibere di Consiglio votate nel 2014 e 2015 ritenute illecite dagli investigatori. Al Comune, privo di strumentazione urbanistica, era vietato nel perimetro urbano dare il via a nuove costruzioni o ampliamenti di edfici già esistenti.
Per superare tali problematiche e quelle inerenti l’accordo di programma del 2003, i vari attori della vicenda sarebbero ricorsi in modo improprio “alla legge sull’espropriazione per pubblica utilità e alla normativa sulle opere pubbliche” per eseguire gli espropri dei terreni. Ed invece Pineta Grande andava considerata un’opera privata di pubblico interesse.

L’attuale ‘allargamento’ della struttura è figlia dell’accordo del 2003 stretto tra Regione, Provincia di Caserta, Castelvolturno e Villa Literno, con l’adesione del Consorzio Rinascita e Fontana Blu: il piano iniziale, però, era stato concretizzato solo in parte tra il 2006 e il 2008 e, chiariscono gli inquirenti, “in difformità degli elaborati progettuali licenziati in sede di conferenza di servizi”. E inoltre prevedeva la costruzione del centro in un’altra zona non soggetta a vincolo paesaggistico.

Oltre a dare l’ok all’ampliamento senza verificare il fabbisogno sanitario, il Consiglio non avrebbe sottoposto la procedura neppure alla verificare della Valutazione ambientale strategica.

L’iter, ha sostenuto la procura, è stata gestita dall’allora capo dell’ufficio tecnico del Comune, “sebbene privo di competenze formali in un complesso di relazioni illecite, collusive, instaurate tra l’utc e lo staff tecnico  di Pineta Grande”. 

Non solo colate di cemento illegittime e permessi tarocchi: la procura di Santa Maria, dopo l’adozione da parte del Consiglio comunale delle delibere per ‘espandere’ la clinica, ha evidenziato anche le assunzioni presso la struttura “di parenti di consiglieri comunali e di funzionari intervenuti nella vicenda di ampliamento, direttamente o indirettamente”.

Dall’indagine, ha aggiunto il procuratore Troncone, è emerso che l’ex sindaco di Castelvolturno, avesse contatti diretti con Pineta Grande, “mettendosi a disposizione arrivando a fornire anche in maniera indebita e ‘clandestina’ atti che riguardavano le iniziative che intraprendeva un’altra Casa di cura in ordine alle autorizzazione concesse”.

Terminato il proprio incarico politico di sindaco, inoltre, si sarebbe attivato, hanno proseguito gli inquirenti “per l’istituzione dell’ottava farmacia comunale (è il presidente dell’Incofarma che gestisce quelle comunali), prelazionadola con l’intenzione di aprirla all’interno di Pineta Grande”.

L’indagine ha attestato anche che le relazioni paesaggistiche sono risultate incomplete “mancando di foto idonee a consentire, mediante simulazione, di valutare e apprezzare l’incidenza della medesima opera sul contesto”.

La procura ha definito l’opera che sta sorgendo “una struttura mastodontica”,  in grado di alterare “in maniera significativa le visuali della strada Domiziana”.

E la presunta disponibilità del capo dell’Utc, già arrestato nel 2019, a favorire Pineta Grande va ad inserirsi in una dinamica di scambio. Il fratello, con incarico remunerato, è stato coinvolto nella direzione tecnica dei lavori, “con la funzione di assicurare un collegamento tra la struttura sanitaria e l’Utc con lo scopo di fornire in anticipo informazione sui controlli disposti dal Comune”.

Il genero, invece, come medico, ha iniziato a collaborare con la clinica nel 2017, per poi essere assunto a tempo indeterminato il giorno prima che il responsabile dell’area tecnica adottasse il permesso a costruire per garantire a Pineta Grande il superamento delle problematiche evidenziata dalla Casa di cura concorrente.

L’indagine ha attestato anche la presenza di circa 40 posti letto in più rispetto a quelli autorizzati. Negli anni, hanno affermato gli investigatori, Pineta Grande avrebbe effettuato più ricoveri in regime di accreditamento rispetto ai posti degenza autorizzati.

In alcuni casi ha fatto risultare quei ricoveri programmati e ordinari, come disposto dal pronto soccorso, falsificando la documentazione al fine poi “di ottenere il rimborso in extra budget”. Le ipotizzate irregolarità vennero presentate anche all’ufficio sanità di Castelvolturno, ma il dipendente competente, hanno messo nero su bianco gli inquirenti, “indicava a Pineta Grande la strada da seguire per trovare la soluzione”.

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