NAPOLI – Di certo è un primo passo, originato da quel movimento d’opinione che si riconosce nelle battaglie, riconosciute a livello internazionale, dalla giovane Greta Thunberg. Eppure il Decreto Clima, salutato dalla politica italiana come ‘la svolta’ in tema di tutela ambientale, non è piaciuto a tutti. Molte le falle e le contraddizioni, alle quali, spiega qualcuno, si potrebbe far fronte presto e facilmente. Magari con la prossima legge di bilancio. Lo crede Legambiente, che oggi presenterà “È ora il tempo del Green New Deal. Le proposte per la legge di bilancio 2020”, in collaborazione con il Forum DisuguaglienzeDiversità. L’appuntamento è dalle 14.30 alle 18.30 alla Camera dei Deputati. Ma l’associazione non è l’unica critica con il provvedimento licenziato dall’ultimo Consiglio dei ministri.
“E’ un insieme di misure certamente condivisibili ma che non bastano certamente a fare di questo provvedimento neanche il primo passo per la lotta al mutamento climatico. Dal sostegno alla mobilità sostenibile alla promozione dei prodotti sfusi: è quello che potremmo definire il minimo dovuto. Per carità, rispetto a quanto abbiamo visto con la Lega al Governo si capisce che provano a cambiare passo – sottolineano i portavoce dell’associazione Green Italia, Annalisa Corrado e Carmine Maturo – ma per favore, non chiamatelo decreto clima. Fino a quando non si inizieranno a tagliare i sussidi alle fonti fossili ed a investire massicciamente per una finanziaria green, niente di veramente nuovo sotto il sole”. Dal Wwf, più che critiche sono arrivate proposte: una Roadmap per realizzare il Green New Deal e la richiesta dell’istituzione di un Tavolo per la Giusta Transizione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, aperto agli attori sociali e della società civile.
Innanzitutto, il Wwf propone di affrontare i tre capisaldi del Green New Deal: approvare un Pacchetto di misure urgenti per il clima, che contempli tra l’altro un prezzo minimo del carbonio per i settori ETS (produzione di energia elettrica e termica e settori energivori) e una carbon tax per quelli non ETS, confermare per legge il phase out del carbone al 2025; stabilire obiettivi per la decarbonizzazione per specifici settori, industria, trasporto, agricoltura e linee guida per le Regioni mirate ad accelerare le autorizzazioni per le energie rinnovabili; presentare una Legge quadro sul clima che definisca i piani e i tetti settoriali, oltre agli obiettivi di adattamento e recupero della salute degli ecosistemi come argine più efficace contro gli impatti; puntare sull’efficienza energetica degli edifici, a cominciare da quelli di edilizia popolare.
Per conservare e valorizzare il nostro capitale naturale l’associazione ambientalista chiede, tra l’altro, di disporre di aliquote IVA agevolate per le produzioni e i servizi collegati alla gestione e valorizzazione della biodiversità nelle aree protette; inserire gli obiettivi della Strategia Nazionale della Biodiversità al 2030 nelle programmazione nazionale comunitaria 2021-2027 (nelle varie tipologie). Altro caposaldo per uno sviluppo green quello di “rendere operativa l’economia circolare”. In questo senso si chiede di allargare il campo d’azione del Piano nazionale Industria 4.0 con investimenti per: attivare misure di simbiosi industriale; migliorare il processo produttivo al fine di ottenere sottoprodotti; agevolare il riutilizzo degli scarti di produzione; consentire la sostituzione dell’utilizzo di materia prima vergine con materiali riciclati e/o energia da fonte fossile con quella da fonte rinnovabile.
Tra le altre proposte quella di introdurre incentivi fiscali per la transizione all’economia circolare, prevedendo, ad esempio, l’abbattimento dell’IVA sui prodotti realizzati in ecodesign e per i fornitori di beni e servizi all’interno di progetti di economia circolare.
Decisamente tranchant il giudizio di un’altra associazione che, dopo “Fridays for Future” si sta affermando anche in Italia, “Extinction Rebellion”, che ritiene il Decreto Clima “assolutamente insufficiente rispetto alla necessità di giungere allo zero netto di emissioni entro il 2025 e fermare rapidamente la distruzione degli ecosistemi. La data del 2025 indicata dal movimento tiene conto di autorevoli studi scientifici e del principio di precauzione nella salvaguardia degli ecosistemi e quindi del genere umano: bisogna fare ciò che è necessario, non ciò che è politicamente possibile”.