La lotta 3.0 alla camorra: è possibile, ma servono i fondi

Foto LaPresse/Stefano Cavicchi

Che ne dite di una bella telecamera che inquadra e registra (audio-video) il camorrista che entra nel cantiere edile per chiedere il pizzo? O di un’altra che ti fa vedere la faccia di chi si introduce in un impianto di rifiuti e appicca il fuoco? O di un drone che segue gli spostamenti di un sospetto camorrista nel corso di tutta la giornata? E che ne dite di una Procura di frontiera, com’è quella di Santa Maria Capua Vetere, che inizia ad arruolare tra le proprie fila decine e decine di nuovi agenti di polizia giudiziaria e nuovi pm? Non è fantascienza, affatto, sono tutti strumenti moderni, attuali, anzi: alcuni sono strumenti già vecchi e superati. Invece da noi è proprio fantascienza. E per la più triste delle motivazioni: lo Stato non ha i soldi per le nostre forze dell’ordine (sottopagate) e per i nostri magistrati (sotto organico). Eppure ci sono decine (se non centinaia) di aziende pubbliche, Municipalizzate, Partecipate, che continuano ad esistere solo per giustificare uno stipendio sostanzioso ai rispettivi consigli di amministrazione. E la cosa più triste ancora è che questo è solo un esempio tra i tanti che hanno causato e causano la voragine del debito pubblico italiano. Insomma: se ci si mette a fare un serio taglio delle spese pubbliche inutili e truffaldine, i soldi si trovano. Perché la camorra è il principale problema del sistema Italia e non bastano i vittoriosi sforzi delle nostre forze dell’ordine. Ieri ci sono state le notizie sui sette clan ‘decapitati’ a Napoli e Castellammare. Nei giorni e nelle settimane precedenti gli arresti in provincia di Caserta e Avellino. Oggi di nuovo San Cipriano d’Aversa. L’abbiamo scritto ieri e lo ribadiamo con piacere oggi, in occasione di questa nuova operazione anticamorra portata a termine dalla Dda e dalla procura di Santa Maria Capua Vetere diretta dalla dottoressa Maria Antonietta Troncone: un grazie a magistrati e forze dell’ordine e un appello al Parlamento affinché tiri fuori i soldi! Dobbiamo mettere in condizione queste donne e questi uomini che combattono in prima linea la camorra di farlo con ancora maggiore efficacia. Soprattutto a Caserta dove nessuno si scandalizza se si dice che “non si muove un euro senza che la camorra non ne intaschi due”. Se a Napoli prosperano decine e decine di clan e sottoclan, in Terra di Lavoro sembra tutto più rarefatto, più sfumato, una sorta di cappa nera che promana da un unico gruppo criminale, a sua volta diramato sul territorio con cosche legate alla cupola. Se ieri abbiamo scritto che la Campania avrebbe bisogno di decine di altri procuratori come Melillo (Napoli) e Cantelmo (Avellino), qui a Caserta ci vorrebbero centinaia di cloni della Troncone: per questo serve che lo Stato si decida a rinforzare realmente il comparto sicurezza-investigativo. Qui il lavoro della Procura appare cento volte più complicato rispetto al resto della Campania: non per nulla si parla di terra martoriata, di Terra dei Fuochi, di una città capoluogo, Caserta, praticamente desertificata nonostante la presenza di ricchezze storiche e culturali degne delle migliori capitali europee. I soldi dello Stato servono, perché per cominciare a smantellare questa cappa di camorra bisogna baipassare l’omertà e mettere le forze dell’ordine in condizione di agire anche in assenza di denunce: più agenti, più carabinieri, e soprattutto più mezzi tecnologici in grado di incastrare ‘d’ufficio’ i professionisti del crimine organizzato. Altrimenti tutto è inutile: oggi arresti 3 affiliati, domani un sindaco corrotto, ma già dopodomani spuntano nuovi affiliati e nuovi sindaci pronti (o costretti) a cedere al ricatto camorrista. Questa benedetta battaglia contro il cancro del territorio la vogliamo vincere o no? L’impressione, pessima, è che si faccia tanto, ma non abbastanza. Sembra che di questi camorristi si conosca tutto, nomi, cognomi, soprannomi e modus operandi, ma pare non ci sia una concreta volontà di fermarli una volta per tutte. Per esempio si lascia a loro il monopolio delle droghe leggere, quando basterebbe legalizzarle e venderle nei negozi (tra l’altro portando all’Erario nuove entrate). Si lascia loro la possibilità di schiavizzare le ‘lucciole’, quando si potrebbe riconoscere la prostituzione come un lavoro lecito (e anche qui tassabile). Si lascia loro la possibilità di gestire l’intero ciclo dei rifiuti, dalla raccolta allo smaltimento (cioè l’interramento velenoso sotto i nostri piedi), quando si potrebbe mettere a regime un serio ciclo completo dei rifiuti, dalla raccolta al riciclo passando per la riconversione in energia degli scarti. Al Parlamento interessano questi discorsi? O si vogliono interessare solo di quanti elettori stanno perdendo il Pd o Berlusconi? Cari politici, spegnete i talk show e mettetevi a fare i conti con il mastodontico Bilancio dello Stato: i miliardi per dare la spallata finale alle mafie, se volete, si trovano. Quantomeno provateci.

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