La “manovra” di fine anno non riesce mai a far discutere veramente, in maniera profonda, con una visione progettuale, di quello che si vuole fare per il Paese. Qualsiasi tema: ambiente, infrastrutture, istruzione e così via, è trattato non nella sua specificità tematica, come dire, inserita in un quadro di sviluppo organico e complessivo, ma solo per ”quanto costa”! E così capita che pur tra lodevoli ed interessanti provvedimenti (quest’anno si nota una inversione di tendenza rispetto all’anno scorso su vari temi), materie importanti come l’Università e la Ricerca siano quasi del tutto assenti.
L’attesa di almeno un’inversione di tendenza, che desse un segnale di vera considerazione di questi settori quali motori di sviluppo economico, sociale, produttivo, è stata vana, come sottolinea una nota di Articolo Uno. Pochi soldi per borse di studio agli studenti universitari (cosa giusta, tende ad eliminare la figura dello studente avente diritto alla borsa di studio, senza borsa), non bastano certo per ritenersi soddisfatti, né lasciano spazio a speranze per il futuro.
Temi quali gli adeguati finanziamenti (come nel resto d’Europa), il riconoscimento della dignità di ricercatori e professori, il massiccio reclutamento per non abbassare il numero di docenti, gli avanzamenti di carriera, l’abilitazione nazionale, la governance degli Atenei, il diritto allo studio ed altri aspettano ancora di essere affrontati.
E’ prevista però la creazione di una struttura, l’Agenzia nazionale per la ricerca, che drena soldi per il suo funzionamento e prevede una governance praticamente tutta di nomina governativa, per coordinare, gestire e monitorare l’attività di ricerca in Italia. Sovrapponendosi ad altre 2-3 strutture esistenti in tema di ricerca, che non sono state abolite, né alle quali vengono ridisegnate le competenze. E’ una idea discutibile, e realizzata in maniera disordinata, disorganica, avulsa dall’esistente e dal mondo ‘reale’ della ricerca. Larga parte del mondo accademico e della ricerca si è espresso in maniera fortemente critica su questa nuova sovrastruttura, individuandone il rischio di assoggettare di fatto la ricerca scientifica ai governi di volta in volta in carica, cosa del tutto contraria ai principi di libertà e di validità stessa della ricerca.
Quando una ennesima classifica collocherà l’Italia agli ultimi posti per il numero di laureati nella fascia 24-34 anni; quando le prossime stime registreranno ancora migliaia di laureati e diplomati che abbandonano il nostro Paese trasferendosi all’estero; ebbene, media e opinione pubblica non potranno meravigliarsi o lamentarsi. Perché tutto questo non è altro che l’effetto di scelte politiche sbagliate perseguite, ininterrottamente, da governi di ogni colore da circa 15-20 anni. Il miliardo in più per l’Università chiesto dal ministro Fioramonti, lungi dall’essere una soluzione ai problemi di Università e Ricerca, in qualche modo avrebbe potuto introdurre un carattere di inversione di tendenza, oltre a riportare grosso modo ai livelli (nominali) di circa dieci anni fa i finanziamenti in questi settori.
Il sottosegretario Giuseppe De Cristofaro ha affermato giustamente, in un’intervista a “Cronache”, come in sostanza l’Istruzione sia il principale investimento del Paese, il comparto fondamentale su cui misurare la sua crescita civile e sociale. Non possiamo fare altro che lavorare con rinnovato impegno perché si riparta, con i fatti, da questa dichiarazione.
Giuliano Laccetti