De Raho: “Supporto alle fasce deboli prima che lo faccia la camorra”

Cafiero De Raho
Foto LaPresse - Guglielmo Mangiapane in foto Cafiero De Raho

Il mondo è attanagliato dagli effetti del Coronavirus, ma il problema non è solo epidemiologico. La chiusura a oltranza di numerose attività ha generato, e genererà sempre di più, contraccolpi finanziari che faranno sentire il loro peso a tutti i livelli. Dall’imprenditore al semplice cittadino. Ne parliamo con il procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho.

Crisi economica e 007 in allerta per il pericolo di imminenti disordini sociali che potrebbero arrivare a breve. C’è una regia?

Penso che le mafie, in genere, preferiscano una strategia da sommersione. In alcuni quartieri la camorra potrebbe anche darsi alla regia di manifestazioni violente, ma per mantenere un ruolo egemone, da protagonista. Negli ultimi giorni ci sono invece stati esempi di manifestazioni limitate, quasi singole. Pensare che le mafie possano spingere a disorini sociali sarebbe ora prematuro. I sostegni economici uniti al lavoro enorme che stanno portando avanti fondazioni, associazioni, la stessa Chiesa, potrebbero fare la differenza.

Ma la crisi potrebbe aprire la strada alle mafie?

La crisi potrebbe favorire, come è avvenuto in varie occasioni, la possibilità di mafia e camorra di investire le grosse ricchezze di cui dispone. E’ evidente che in un momento di difficoltà economica, quando ristoranti, bar, imprese di pulizia, trasporti su gomma delle merci, centri di grande distribuzione alimentare ed altri esercizi commerciali, sono chiusi, la ripresa sarà dura per tutti. Lo Stato deve pertanto sostenere la ripresa delle imprese tutte, per evitare che le mafie si addentrino dell’economia. L’obiettivo è quello dell’acquisizione stessa delle imprese.

Come funziona?

Le mafie si prestano a offrire credito, quasi sempre non garantito. Sono pronte a dare soldi, a sostenere imprese, apparentemente, mettendo in pratica quelle che appaiono come politiche di solidarietà. Queste forme di aiuto, in realtà, servono alle mafie ad entrare nelle imprese. Prima infiltrandosi, infine acquisendole. Tante saranno le imprese in crisi e bisognerà aiutarle.

Ma non ci sono solo le aziende. Il cittadino comune, magari quella fetta sociale che vive nella zona grigia del sommerso, rischia di finire nel giogo dell’usura?

Per le fasce sociali più deboli è necessario intervenire con un reddito di sopravvivenza, fornendo aiuti concreti alle persone bisognose, altrimenti si lascia campo aperto alle politiche sociali delle mafie. In quel modo si costringe la popolazione ad assumere un atteggiamento di sudditanza nei confronti delle organizzazioni criminali. Ora che molti strati della società hanno perso le loro fonti di reddito, sia quelle provenienti dal sommerso, sia quelle garantite dal lavoro in settori costretti alla chiusura forzata, chi ha messo da parte capitali ha un grande potere. Come le organizzazioni malavitose che possono offrire soldi e persino lavoro alle nutrite sacche sociali che per le norme di contenimento epidemiologico, hanno perso ogni entrata economica”.

Ci sono messaggi in determinati territori e quartieri dove i mafiosi si propongono di sostenere gente che ha bisogno. D’altronde è così che lavorano le mafie. Il sistema del sistema è ben descritto tra le pagine della Relazione della Direzione investigativa antimafia che mette a fuoco le attività criminali fino al primo semestre 2019. Nella Relazione si parla di attività definite di primo livello, come il traffico e lo spaccio di stupefacenti, ma anche le estorsioni, l’usura, il contrabbando di tabacchi, il traffico di armi, le scommesse illegali, la contraffazione e il business della prostituzione. Si tratta di attività che “oltre ad alimentare l’organizzazione e a consentire la gestione di un vero e proprio welfare, determinano un surplus molto rilevante che deve essere reimpiegato”.

Come attività mafiose di secondo livello invece si definiscono le infiltrazioni dei clan nell’imprenditoria e nel mondo del professionismo e della pubblica amministrazione. E’ così che la criminalità organizzata si comporta esattamente come un virus, attaccando un organismo ospite e degradandolo dall’interno. Ma il welfare della camorra non è fermo, semplicemente si adegua. Se le piazze di spaccio sono chiuse l’attività di spaccio continua. In che modo? La vendita si fa a domicilio. Anche quello di rifornirsi di stupefacenti, per chi è dipendente, si manifesta come un bisogno primario.

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